sabato 23 giugno 2012

Quei concorsi universitari zone franche dalle regole


Per una serie di coincidenze, dopo il mio articolo di ‘cronaca’ di ieri sul settimanale “Centonove”, è uscito oggi sulla pagina siciliana del quotidiano “Repubblica” un secondo articolo di ‘commento’ sul medesimo episodio. Forse - anche a giudicare da vari interventi sulla stampa - si sta dando a questo episodio una valenza eccessiva: chiunque sa quanto ‘oggettivi’ siano abitualmente i criteri di selezione del personale docente all’università. Questo caso di Catania ha l’unica singolarità di essere particolarmente ’sfacciato’ e di risvegliare - anche in chi, come me, l’aveva seppellito sotto quaranta anni di gratificante insegnamento liceale - l’amarezza di vedersi escluso dalla carriera accademica a vantaggio non solo (meritatamente) di alcuni coetanei più tagliati per la ricerca scientifica e più interessati alla storia della filosofia, ma anche (immeritatamente) di molti colleghi inclini al servilismo verso i potenti, al camaleontismo etico e al conformismo intellettuale.

“Repubblica – Palermo”
23 giugno 2012

QUEI CONCORSI UNIVERSITARI ZONE FRANCHE DALLE REGOLE

Chi ha detto che lo scibile umano va distinto in categorie accademiche? Edgar Morin lo ribadisce ad ogni libro: la specializzazione parcellizza uno sguardo sul mondo che deve ritornare ad essere globale. Solo un individuo intellettualmente miope può sostenere che una laureata in architettura non possa vincere un concorso a cattedra per insegnare all’università storia contemporanea. Specie se l’università è siciliana e la benemerita candidata ha già al suo attivo delle pubblicazioni co-firmate con il presidente della commissione d’esame.
Tanta ampiezza ed elasticità di vedute non convincono però un candidato risultato escluso nonostante fosse esperto proprio di storia contemporanea. Per esattezza, come abbiamo letto sulla cronaca di ieri, non convincono neppure il Tribunale Amministrativo Regionale che accoglie il ricorso del candidato bocciato (bocciato nonostante la commissione non avesse potuto fare a meno di valutare con il doppio del punteggio, rispetto alla vincitrice, le sue pubblicazioni scientifiche). Ma chi può osare interferire all’interno del santuario del sapere? Sin dal Medioevo le università godono di autonomia totale: perciò la commissione obbedisce al Tar, si riunisce una seconda volta e…conferma la decisione precedente per la cattedra di storia contemporanea alla facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Ateneo di Catania.
Secondo in graduatoria: un laureato in storia contemporanea, con un dottorato di ricerca in studi storici per l’età moderna e contemporanea e cinque anni di attività da assegnista di ricerca, sempre in storia contemporanea. Prima in graduatoria: una brillante laureata in architettura che non ha nessun dottorato di ricerca in nessuna disciplina (ma, in cambio, ha avuto incarichi di insegnamento in altre due facoltà - Ingegneria e Lettere – nel corso dei quali ha avuto modo di adottare per l’esame finale una Storia dell’architettura redatta, casualmente, proprio dal presidente della commissione che l’ha portata in cattedra col sorprendente sorpasso).
Raggiunto al telefono da un cronista dell’ inkiesta.it, il parlamentare PD Paolo Corsini, autore di un’interrogazione al Ministro proprio su questo episodio, è laconico: «Anche io insegno storia moderna. E devo dire che questo caso va al di là di ogni fantasia. Non riesco a capire come sia stato possibile che un candidato senza dottorato di ricerca e senza studi di storia contemporanea sia potuto passare avanti al secondo classificato. Il confronto tra i due aspiranti è assolutamente improponibile». Se non capisce un accademico, come potremmo noi comuni mortali? Ci limitiamo a confessare che, se queste vicende kafkiane si svolgessero un po’ più a nord del parallelo di Tunisi, avremmo qualche speranza in più su una Sicilia che seleziona in base ai meriti oggettivi. Ancora una volta si spalanca una questione radicale: perché in Italia esistono delle zone franche, come le università, in cui vengono sospese le norme giuridiche, le leggi morali e persino le regole del buon senso? Non si può lavorare in sede legislativa per equilibrare più attentamente le opposte esigenze dell’autonomia della cultura, da una parte, e dell’uguaglianza dei diritti dei cittadini, dall’altra?. E’ vero - come ha scritto recentemente nel suo Maledetta università proprio uno stimato docente dell’Ateneo etneo, Francesco Coniglione – che non si deve fare di tutte l’erbe un fascio e che le mele marce si trovano in tutte le categorie professionali. Ma è altrettanto vero che corruptio optimi pessima: la corruzione di magistrati o di medici ferisce particolarmente perché là dove più alta e delicata è la funzione che si svolge, maggiori sono le aspettative da parte della gente. Che siano dei docenti a calpestare la qualità dei saperi e i gradi di competenza culturale dentro l’università addolora quanto apprendere che ci sono preti che molestano bambini proprio dentro l’oratorio.

Augusto Cavadi

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