martedì 5 maggio 2020

SEI DOMANDE AI VESCOVI SULLA LIBERTA' DI (OGNI) CULTO

"Repubblica - Palermo"
5.5.2020

Pubblico la versione integrale di un mio intervento odierno sulla pagina palermitana del quotidiano "La Repubblica" (in evidenza le parti che, per motivi di spazio, sono state tagliate in redazione).

QUALCHE DOMANDA AI VESCOVI SICILIANI SULLA LIBERTA' DI (OGNI) CULTO
Anche se con toni molto meno perentori rispetto alla Nota della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), e su un registro linguistico dialogico, i vescovi siciliani hanno espresso – in un comunicato ufficiale -  “piena adesione” a quel  documento  in cui si manifesta  “disaccordo” sul Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che vieta di “celebrare la Messa con il popolo, compromettendo ulteriormente l’esercizio della libertà di culto garantita dalla Costituzione Italiana”.
Con tutto il rispetto per la funzione istituzionale espletata, e soprattutto con la stima e l’affetto che da decenni mi lega ad alcuni di loro, vorrei esprimere il mio stupore in forma di domande.
La prima: la “libertà di culto” cui ci si appella nel comunicato vale solo per le celebrazioni cattoliche o anche per gli altri culti (ad opera delle minoranze presenti in Sicilia: protestanti, ebrei, islamici, induisti, buddhisti) ? I fratelli musulmani sono in pieno Ramadan: si intende chiedere anche per loro il diritto di radunarsi, come fanno ogni anno in questa occasione, in migliaia al Foro Italico? 
La seconda: lo Stato laico deve concedere alle comunità religiose tutto – e solo – quello che prevede per le altre associazioni. Né meno né più. Si intende chiedere, contestualmente, la libertà di assemblea ai partiti, di cortei ai sindacati, di convegni agli istituti di cultura, di manifestazioni sportive alle rispettive organizzazioni? 
La terza: se si concordano delle regole con il governo, chi sarà preposto a verificarne il rispetto? Prevediamo un carabiniere o un poliziotto per ogni celebrazione liturgica in Italia? E nel caso che qualche celebrante – come è avvenuto già – o per “distrazione” o per “convinzione di coscienza” non si attenesse alle regole, sarebbe immaginabile e desiderabile e gradevole che qualche rappresentante delle Forze dell’ordine interrompesse d’autorità le funzioni religiose?
La quarta (suggeritami da una mia amica, fedele praticante): in caso di numero chiuso alle messe, con che criteri si distinguerebbero gli ammessi e i non-ammessi?
La quinta (suggeritami da un post del mio amico Salvino Leone, medico e presidente dell’Istituto di studi bioetici ospitato dalla Facoltà teologica di Sicilia): come comportarsi al momento della distribuzione dell’ostia?  “Ricorrendo a un lavaggio con amuchina tra una comunione e l’altra? Mettendola sulle mani da parte di un sacerdote che dovrebbe stare attentissimo a non toccare la mano del comunicando? La fede, da cui dipende accostarsi all’Eucaristia, è un fatto personale e opinabile, le norme igieniche no”.

La sesta (suggeritami dal vangelo secondo Matteo, capitolo V, versetto 6): è ancora valido l’invito che il redattore pone sulle labbra di Gesù quando relativizza la frequenza delle sinagoghe aggiungendo “Ma tu entra nella tua stanza e, chiusa la porta, prega il Padre tuo in segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà il merito” ? E’ ancora valida la definizione della costituzione conciliare “Lumen Gentium” che, al punto 11,  definisce la famiglia “piccola chiesa domestica”?

Veramente ne avrei altre ancora, ma sarei già felice di ricevere risposta a queste prime sei domande.
    
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

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