lunedì 14 giugno 2021

PRIMA EDUCARE ALL' UMANITA', POI EVENTUALMENTE ALLE FEDI RELIGIOSE O ALLE MILITANZE POLITICHE

 


EDUCARE ALLA LIBERTA’ PRIMA CHE A UNA FEDE RELIGIOSA O POLITICA

 

Maurizio Baldino ha speso la sua vita nella scuola, da maestro elementare a dirigente scolastico. In quiescenza dal punto di vista giuridico, non lo è esistenzialmente e la sua perdurante passione per l’educazione si è tradotta nel volume Urge la pedagogia. L’emergenza educativa esige la pedagogia della libertà, Brenner, Cosenza 2019, pp. 256, euro 20,00.

Le sue pagine vanno lette con particolare attenzione per non equivocare sulla prospettiva dell’autore che, da una parte, si esprime da cattolico, convinto con don Luigi Giussani (fondatore di “Comunione e liberazione”) che la fede consista nel rivivere eventi storici fondativi (come l’esodo dall’Egitto del popolo ebraico prigioniero e la pasqua del “divino”  Gesù di Nazareth); ma, con altrettanta schiettezza, contesta la teoria pedagogica dello stesso Giussani (ripresa quasi alla lettera da Benedetto XVI) secondo la quale educare significherebbe plasmare un giovane secondo il modello “prestabilito” del cristiano virtuoso. A giudizio di Baldino, invece, la pratica educativa ha “il compito primario di fare l’uomo autenticamente libero, il quale, solo da uomo autenticamente libero, con la sua libertà qualificherà il suo essere del valore aggiunto costituito dall’essere cristiano” (p. 61).

Come è facile intuire, una prospettiva del genere sarà  spiazzante sia per i ‘laici’, che la troveranno pericolosamente confessionale, sia per i ‘cattolici’ ortodossi, che la troveranno insopportabilmente libertaria, irenica. 

Condivido il modo in cui l’autore presenta il rapporto teologia/pedagogia: nell’esercizio dell’educatore (anche se personalmente credente) il primato intenzionale spetta alla pedagogia, come arte di favorire nei più giovani la libertà, e la teologia deve rinunziare alla “pretesa di essere la madre di tutte le scienze” per “servire l’uomo nel suo rapporto con se stesso, con i suoi simili e con il divino”  (se non vuole ridursi, come storicamente è avvenuto in questi due millenni, a “utile strumento del potere”) (p. 65). In caso diverso, torniamo – o restiamo – ai tempi in cui Pio IX implorava il re Vittorio Emanuele II di evitare il “flagello” dell’educazione obbligatoria (dal momento che ai ragazzi, e soprattutto alle ragazze, dei ceti meno abbienti basterebbe imparare un mestiere e recepire docilmente “la buona educazione paterna e l’istruzione religiosa”) (cfr. p. 72). Oppure ci infogniamo nelle polemiche attuali contro l’identità sessuale quale sommatoria di quegli elementi (sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento affettivo) che Baldino analizza in pagine particolarmente equilibrate e illuminanti (pp. 87 – 98).

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https://www.zerozeronews.it/educare-alla-liberta-prima-che-alla-religione-o-alla-politica/

8 commenti:

Unknown ha detto...

L'educazione ha "il compito primario di fare l’uomo autenticamente libero, il quale, solo da uomo autenticamente libero, con la sua libertà qualificherà il suo essere del valore aggiunto costituito dall’essere cristiano". Mi pongo alcune domande: Che cos'è la libertà? Libertà da che cosa? Quando si è liberi? Occorre avere un punto di riferimento per poter costruire e orientare la libertà? L'essere cristiano costituisce solo un valore aggiunto?

Unknown ha detto...

Sono d’accordo solo con la prima parte: la pratica educativa ha il fine di rendere liberi - ed aggiungo uguali ognuno nella sua propria irripetibile identità personale - le donne e gli uomini in divenire

Maurizio Baldino ha detto...

PRIMA PARTE DEL COMMENTO:
In data 14 giugno u.s. è stata pubblicata sul blog del prof. Cavadi la recensione “Educare alla libertà prima che alla religione o alla politica”, della quale non ho potuto, come chiunque l’ha letta, che apprezzare il linguaggio della schiettezza e dell’onestà intellettuale, avulso da ogni forma di compiacente retorica, indicando i punti che lo hanno interessato sia quelli condivisi che quelli divergenti. Ha proprio ragione Cesare Pavese quando scrive: “Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.” Grazie, prof. Cavadi, il pensiero critico registra la condivisione e la divergenza, che è prezioso arricchimento, del quale far tesoro.
Vorrei, se gentilmente mi concede ulteriore ospitalità nel suo blog, di aggiungere al contenuto della recensione altri punti del mio libro, che, ritengo, importanti ed utili per una maggiore comprensione del messaggio, che desidero diffondere. Manca la pedagogia e questo, a mio modestissimo avviso, costituisce la prima causa del disastro educativo, che non riguarda solo i giovani, ma anche e forse soprattutto gli adulti.
Mi preme anzitutto chiarire che un libro dal titolo “Urge la pedagogia” non può essere scritto da un pedagogista, atteso che compito del pedagogista è quello di ricercare e pensare una teoria dell’educazione da offrire agli educatori. Pertanto tale non mi considero e non lo sono. Sono stato, invece, un operatore del momento poietico dell’educazione, che deve avere una teoria educativa quale stella polare che l’orienti verso il raggiungimento della meta educativa. Il sottotitolo, poi, “L’emergenza educativa esige la pedagogia della libertà” evidenzia quale teoria pedagogica auspicare per affrontare questa seria e preoccupante emergenza, che chiaramente non è frutto del mio pensiero, ma di un illustre sacerdote salesiano, che, a mio modestissimo parere, deve essere annoverato fra i personaggi vanto e gloria della terra siciliana e dell’intero meridione. Si tratta del compianto prof. Don Gino Corallo, che è stato ordinario di pedagogia presso l’Università di Catania e primo Presidente dell’IRRSAE Sicilia, dopo essere stato ordinario di pedagogia presso le università di Salerno e Bari. (Può verificare la notizia di primo Presidente IRRSAE a pag. 10 del volume del prof. Ianniello – a cura di - “Educazione e libertà in Gino Corallo”, edito da Armando, 2005).

Maurizio Baldino ha detto...

SECONDA PARTE DEL COMMENTO:
Ma perché auspicare questa teoria dell’educazione?
Anzitutto perché non si sa cosa si intenda per educazione, della quale manca una definizione condivisa.
La libertà educativa, della quale non sono fautore, si giustifica col pluralismo pedagogico, che offre, oltre al modello cattolico, illustrato criticamente nel primo capitolo, il seguente panorama:
1) la pedagogia filosofica, intendendo con tale termine quel modello educativo, esistente prima dell’avvento del Positivismo, che si configurava come un discorso astratto, consistente nell’individuazione di consigli e norme da indicare agli educatori, finalità e obiettivi da perseguire e modelli di comportamenti e atteggiamenti che gli educandi dovevano far propri. In sostanza una pedagogia che mirava a trasformare ciò che si era in ciò che si doveva essere secondo il modello delineato. Dopo il Positivismo tutte le scienze hanno cercato un proprio statuto epistemologico per rivendicare l’autonomia;
2) per quanto concerne la pedagogia, però, la ricerca ha trovato notevoli (insormontabili?) difficoltà nel fondare la pedagogia come scienza autonoma iuxta propria principia. Vi è, pertanto, chi è giunto al concetto di “identità negativa” della pedagogia, posizione ovviamente da me e, credo, da tutti gli educatori non condivisa e rifiutata;
3) vi è chi ritiene che l’educazione sia implicita in dottrine politiche e in teorie filosofiche definite, come il marxismo e l’idealismo gentiliano. Queste vengono rifiutate perché conformano il soggetto ai modelli socio-culturali propri di uno specifico gruppo etnico, di una data comunità o di una certa società, come pure conformativa è la pedagogia fondata sulle fedi religiose, e, proprio perchè conformative vengono nel mio libro definite “pedagogie tribali”;
4) in alternativa alle pedagogie conformative è stato, alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, proposto il paradigma delle scienze dell’educazione come nuovo progetto culturale (Visalberghi). Secondo tale modello “la scienza dell’educazione” si salda con le scienze “fonte”, che si costituiscono insieme, ma operando su livelli diversi, di apporto empirico le scienze fonte e di applicazione pratica la scienza dell’educazione (Cambi), determinando di fatto una subalternità di quest’ultima, che senza le prime non può, quindi, stare.
Umilmente, ma anche fermamente e convintamente, do ragione al prof. Francesco Mattei, quando afferma che <> e al prof. Corallo, che in un suo inedito del 1975 afferma: << …In altre parole, l’errore sta nella pretesa di occuparsi di pedagogia e di metodologia dell’educazione senza una filosofia dell’educazione, o, se si vuole, senza una teoria generale sul significato e i fini dell’educazione dell’uomo. Questi significati e questi fini vengono assunti da altri saperi, spesso senza ombra di sospetto critico, nell’ingenuo abbandono all’automatismo del “metodo”>>.

Maurizio Baldino ha detto...

TERZA PARTE DEL COMMENTO:
Nella mia ultraquarantennale esperienza nella scuola ho notato che la classe docente, già umiliata per la condizione di sottoproletariato con la quale viene trattata, non lavora con serenità, tormentata dalla compilazione di tanti burocratici documenti con descrizioni di obiettivi, abilità, conoscenze, competenze e tanti altri tecnicismi, che non danno spazio alla creatività che dovrebbe caratterizzare la relazione didattica in una classe. Che dire, poi, della famiglia oggi in crisi profonda! Credo si possa affermare che genitori e docenti siano proprio allo sbando.
Pertanto mi sento più che mai convinto di proporre la pedagogia della libertà del prof. Corallo.
Il mio modesto lavoro sviluppa delle riflessioni, partendo dalla Chiesa Cattolica, che, nel 2009, ha denunciato la situazione allarmante dell’educazione e lanciato la sfida per il decennio 2010/2020, per la quale si è impegnata con decisione la CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Il decennio si è concluso ma senza alcun bilancio.
Scopo di questo libro è far sentire la voce preoccupata degli operatori dell’educazione, che restano attoniti rispetto all’eloquente silenzio del mondo accademico e professionale, di quello della cultura e di quello irresponsabile della politica, che è seguito al grido d’allarme e alla sfida lanciata dal mondo cattolico. Il mio libro, nel mentre rompe questo silenzio dal basso, vuole essere una voce critica, che diverge sull’analisi del fenomeno emergenziale per come definito nei documenti del mondo cattolico, in esso esaminati, e dai quali risulta la responsabilità di docenti e genitori. Il testo evidenzia, infatti, l’ingenerosa attribuzione di responsabilità della grave situazione ai <> (documento CL “Appello per un’educazione del popolo”) e l’ingiusta responsabilità attribuita ai padri in un intervento, nel quale il Cardinale Caffarra definisce l’emergenza educativa <>. Il mio intento è quello di contestare l’esclusività della responsabilità di scuola e famiglia nella convinzione che responsabilità sono da ricercare anche e, forse, soprattutto in un contesto sociale, che non solo non favorisce ma addirittura ostacola l’educazione, e nella politica che, oltre a trascurare la famiglia e i giovani, non ha mai stimato la classe docente e ha considerato la scuola una spesa improduttiva.
Il Cardinale Caffarra, inoltre, in perfetta sintonia con don Luigi Giussani e col Papa Benedetto XVI, definisce l’educazione come <>. Pur non negando che la mancanza di trasmissione dei valori da una generazione all’altra è problema che genera carenza educativa, ritengo poter affermare che questa carenza non può essere considerata unica ed esclusiva causa, come unica ed esclusiva responsabilità non può essere addebitata a scuola e famiglia.

Maurizio Baldino ha detto...

QUARTA PARTE DEL COMMENTO:
E’ lecito chiedersi se il mondo cattolico può dirsi privo di una, benchè minima, responsabilità in relazione al fallimento educativo? Nel libro sono evidenziati, in modo anche dettagliato, i problemi morali, che affliggono la Chiesa, nonchè la rigidità dottrinale e l’inflessibilità interpretativa dei testi sacri, che costituiscono un serio ostacolo per l’educazione. Si tratta dei problemi della morale sessuale, come l’omosessualità, e di temi, quali il peccato, il senso di colpa, il perdono, le problematiche conseguenti all’emancipazione delle donne, il femminicidio e il fenomeno uguale e contrario del maschicidio, l’ambivalenza femminile amore-odio, la dottrina cattolica del matrimonio, il problema dell’assenza del padre e tanti altri che non si evidenziano da soli come problemi di rilevanza educativa e che, a mio avviso, vanno letti alla luce e nell’ottica della seguente affermazione del prof. Corallo, che nel citato inedito del 1975 scrive: "i fatti educativi, certamente sono lì: avvenimenti storici compiuti e irreversibili, ma non si evidenziano da se stessi come “educativi” senza l’intervento della ricerca che tende a rilevarli, appunto, come educativi. È allora chiaro che è possibile confondere i fatti educativi con altri fatti, oggetto di altre scienze, per esempio coi fatti sociali, politici, psicologici>".
Ma cosa si deve intendere per emergenza educativa? Dopo aver affermato come il fenomeno dell’emergenza sia stato già colto nei primi anni ottanta del secolo scorso da Neil Postaman (La scomparsa dell’infanzia) e Marie Winn (Bambini senza infanzia), evidenzio come tale fenomeno esprima oggi soprattutto un disagio generalizzato di natura culturale, determinato da analfabetismo emotivo (Galimberti), e coglie un’atmosfera il cui respiro ha cancellato l’apprendimento per osmosi (Pietropolli Charmet). Nella cultura attuale, pertanto, l’emergenza educativa non va confusa con i preoccupanti atti, quali il bullismo e i comportamenti di delinquenza minorile, che non sembrano avere la stessa origine dei problemi catalogati nel fenomeno dell’emergenza educativa.

Maurizio Baldino ha detto...

QUINTA E ULTIMA PARTE DEL COMMENTO:
Il prof. Corallo nel delineare la sua teoria dell’educazione parte dalla constatazione che il bambino, dal momento della sua nascita, si trova in uno stato di “plurilaterale indigenza”, che impone all’adulto il dovere di aiutarlo e, quindi, di stabilire una relazione, che sia di causalità educativa, indispensabile alla sua crescita. Tale stato di indigenza conferisce al bambino una pretesa nei confronti dello Stato, che è riconosciuto come diritto inalienabile dalla nostra Costituzione (art. 3). L’educazione è, perciò, considerata come qualcosa che vale la pena di acquistare attraverso la relazione educativa, in quanto indispensabile per diventare uomo che "agisce moralmente e liberamente e religiosamente, per cui conosce e apprende, e vive da essere fisico, spirituale e sociale" (Corallo). La libertà è la forma dell’educazione, perché per il Corallo "senza la libertà (e l’intellettualità che ne è supposta) non è tanto esatto dire che l’uomo si degraderebbe a un livello naturalistico, quanto piuttosto che esso non esisterebbe più". La libertà così intesa differisce dalla concezione cattolica, che la considera soltanto una facoltà di adesione o non adesione a una proposta, a qualcosa di interessante, a un fatto o ad una persona. Essa non può che essere intesa come deliberato del pensiero e conseguente autonomia dell’io. La morale, che si fonda sulla libertà, pertanto, è il punto di arrivo dell’educazione e non la strada per raggiungerla. Questa concezione corallina è attualissima, trovando conforto nel pensiero morale della Prof.ssa Roberta De Monticelli (ordinaria di filosofia della persona presso l’Università San Raffaele di Milano), contenuto nel suo interessante volume “La questione morale”, edito da Raffaello Cortina, Milano, 2010. La pedagogia non è prodotto da mercato. Essa, pertanto, non può che essere una: la pedagogia della libertà del prof. Corallo ed è quella che urge.

Maurizio Baldino ha detto...

Caro Prof. Cavadi,
La prego di notificare ai lettori del suo blog alcune correzioni da apportare ai miei commenti:
a) nella prima parte eliminare la parentesi (relativa alla presidenza IRRSAE di Gino Corallo);
b) nella seconda parte all'ultimo capoverso dove scrivo "do ragione al prof. Francesco Mattei, quando afferma che... aggiungere: <>;
c) Nella terza parte:
* ) quarto capoverso: "Il testo evidenzia, infatti, l'ingenerosa attribuzione di responsabilità della grave situazione ai...aggiungere <>) (documento CL "Appello per un'educazione del popolo") e l'ingiusta responsabilità attribuita ai padri in un intervento, nel quale il cardinale Caffarra definisce l'emergenza educativa...aggiungere: <>;
b) ultimo capoverso: Il cardinale Caffarra, inoltre, in perfetta sintonia con don Luigi Giussani e col Papa Benedetto XVI, definisce l'educazione come...aggiungere: <>.

Sempre grato per la sua squisita cortesia, La ringrazio e le invio cordiali saluti Maurizio Baldino