giovedì 29 giugno 2023

2025 ANNO GIUBILARE: LA CHIESA CHIEDERA' LA CONVERSIONE DEL MONDO. MA CHI CONVERTIRA' LA CHIESA?


 "ADISTA/NOTIZIE" 17.6.2023

CONVERTIRE LA CHIESA PER EVITARE IL NAUFRAGIO 

di Valerio Gigante

41500 ROMA-ADISTA. «I figli che osano rimproverare

la loro madre non l’amano meno di

quelli che per falsa pietà o per opportunismo

le celano i propri mali»: lo scriveva nel lontano

1975 p. Ortensio da Spinetoli nella conclusione

di un suo celebre libro, La conversione

della Chiesa. Con quel testo, il cappuccinoteologo

intendeva contribuire a un autentico

rinnovamento della Chiesa, che in quell’anno

celebrava il decimo anniversario dalla chiusura

del Concilio Vaticano II. Erano stati, i primi

anni successivi al Concilio, anni di grandi speranze

e di innovative esperienze liturgiche, pastorali,

teologiche. Ma anche anni in cui molti

avevano capito che l’istituzione, che si era

inizialmente lasciata permeare dal vento di

modernità, apertura, dialogo cui la società e

gli stessi fedeli l’avevano sollecitata, si stava

progressivamente richiudendo su se stessa,

guardando con malcelato sospetto, talvolta

con aperta ostilità, alle punte più avanzate del

dibattito ecclesiale e teologico.

A padre Orternsio il decennale dalla fine

del Concilio parve un’occasione da non perdere 

per offrire una visione di Chiesa che corrispondesse

alle grandi aspettative di tanta

parte del mondo cattolico e di quello laico.

Proprio in quel 1975, tra l’altro, si celebrava

il Giubileo, che Ortensio segnalava come un

evento la cui ideologia, così come la gerarchia

ecclesiastica la stava proponendo, si presentava

in aperto contrasto con la dirompenza

dei documenti conciliari. E che la parola

Giubileo – lo scriverà anche Giovanni Franzoni

nel suo celebre Farete riposare la terra,

qualche anno dopo (1996) – fa riferimento a

una realtà del tutto diversa da quella “trionfante”

con cui la Chiesa cattolica presenta se

stessa al mondo, perché nelle sue origini bibliche

il giubileo è legato alla necessità di liberare

l’uomo e il creato da tutte le forme di

sfruttamento e ingiustizia.

Oggi, a quasi cinquant’anni dalla pubblicazione

del libro, e con un Giubileo nuovamente

alle porte (quello del 2025, indetto da

papa Francesco), il gruppo degli “amici di Ortensio”,

che da anni operano per conservare

e divulgare il suo pensiero e la sua testimonianza,

ha pensato di ripubblicare La conversione

della Chiesa, rendendola di nuovo disponibile,

poiché l’edizione del 1975, della

Cittadella, è ormai da tempo fuori catalogo.

La nuova edizione, pubblicata dal Pozzo di Giacobbe

(pp. 180, euro 18; il libro può essere

richiesto anche a Adista, tel. 06/6868692;

email: abbonamenti@adista.it; o acquistato

presso la nostra libreria online, www.adista.it)

e corredata da un saggio introduttivo di don

Marcello Farina, prete e saggista trentino, studioso

di teologia e filosofia, non mostra affatto

i segni del tempo trascorso. Il libro resta davvero

di grande attualità. Ortensio, a partire dal

significato della parola “conversione” (ossia

“mutamento progressivo, ma radicale”) conduce

per mano il lettore attraverso sei capitoli:

il primo parla della conversione giubilare,

secondo il significato che quell’evento aveva

nella Bibbia; il secondo parla della conversione

al progetto di Dio a partire dalla conversione

delle strutture di potere e privilegio, anche

nella Chiesa; nel terzo si parla di “riconciliazione”

in un senso nuovo, non più legato

all’ottica della riparazione e del risarcimento

dell’offesa recata a Dio, ma sulla riscoperta

della sua straordinaria e unica benevolenza

verso l’umanità. Per questo «riconciliarsi non

è accettare, subire, tacere, ma ma cercafre le

condizioni più opportune e più favorevoli per

un rapporto paritario, fraterno tra i componenti

del popolo di Dio». Il successivo capitolo, il

quarto, è invece incentrato sul senso biblico

dell’evangelizzazione. Anche qui, Ortensio prima

sfata l’idea che evangelizzare sia proporre/

imporre una serie di verità precostituite e

inconfutabili; poi, attraverso la demitizzaone

e la deculturizzazione della predicazione evangelica,

il teologo propone l’annuncio non come

«un vademecum o un prontuario di risposte

», ma come concreta attuazione di ciò che

le parole di Gesù annunciano. E che ciascun

discepolo di Gesù incarna con la propria vita

spesa per il bene comune, con il Vangelo «che

ognuno scrive con la propria vita». Nel quinto

capitolo Ortensio riflette sulla funzione dei sacramenti.

Che non vanno considerati «contenitori

e veicoli materiali del soprannaturale»,

e nemmeno solo riti che non hanno valore in

sé; le forme e i linguaggi possono (e devono)

cambiare secondo i tempi e i contesti. Quello

che resta è l’azione dell’impegno cristiano,

«che non è ritualistico e culturalistico, ma umano

e storico». Infine – e siamo al cap. 6 – Ortensio

riflette sul fatto che la Chiesa ha ormai

una incidenza sempre minore nella società

contemporanea. «È da secoli che la Chiesa

sembra far di tutto per non farsi capire, che

percorre una strada opposta a quella della società

». La Chiesa ha combattuto la Rivoluzione

francese e quella proletaria, l’Illuminismo

e il Protestantesimo, invece di consacrare con

il suo carisma questi eventi e accoglierne i significati

essenziali. «Ma il rifiuto di cambiare

è il rifiuto di crescere». E «il Vangelo non è un

messaggio chiuso, fermo, ma un fermento, un

germe, che si sviluppa, matura, cresce con

l’evolversi delle situazioni e condizioni dell’uomo.

È sempre un annuncio di Dio, ma cammina,

progredisce, avanza, “cambia” con l’essere

umano chiamato a viverlo». Solo se la

Chiesa smette di essere «un feudo di alcuni,

pochi privilegiati» e diventa realmente comunità

di fratelli potrà essere strumento credibile

ed efficace testimone del Vangelo dentro il

mondo che cambia.

Certo: chi oggi come 50 anni fa propone

una visione profetica della Chiesa e della fede

è spesso costretto a pagare prezzi alti, come

accadde anche a Ortensio, respinto ed

emarginato, come religioso e come teologo,

dalla Chiesa che amava. Ma, lo scrive lui

stesso: «L’amore alla Chiesa non si misura

dagli onori che si accumulano, ma dalle sofferenze

che si sopportano per il suo bene».


VALERIO GIGANTE

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sempre grande e profondamente legato all essenza profonda del vangelo dell' amore per il prossimo come ha indicato Cristo. ma spesso la Chiesa si è rivolta altrove