mercoledì 28 giugno 2023

LA NONVIOLENZA SECONDO MARIA ALBANESE (CO-RESPONSABILE PER L'ITALIA DELL' «ARCA»)


Vorrei partire, per questo mio breve intervento, da una frase del libro Le due potenze  di Lanza del Vasto: «il terrore è la radice delle follie più oscure».  

Dopo la seconda Guerra mondiale abbiamo fondato la nostra sicurezza sull'equilibrio del terrore, abbiamo vissuto un' epoca di pace fondata sul terrore. Abbiamo abdicato a favore della paura. Abbiamo pensato che la bomba potesse salvarci, nonostante l'evidenza del contrario:  l'evidenza non basta per capire, la ragione ci porta a elaborare concetti che giustificano le nostre scelte irrazionali, fondate sulla paura, e spesso è solo l'esperienza che svela il contenuto più profondo delle cose.

 Per parlare, quindi, di nonviolenza  - e capire quanto sia importante farne esperienza per poterla agire -  vorrei partire da una mia esperienza personale: la nascita del mio secondo figlio che oggi ha 34 anni. Ma questa esperienza è legata a doppio filo alla nascita del mio primo figlio. 

Infatti, l'esperienza della nascita del primo mi ha fatto concentrare completamente sulla sua cura. In quel periodo ho trovato dentro di me una forza potente, un amore smisurato per questa piccola creatura che oggi ha 37 anni. Quando ho saputo di aspettare il secondo figlio  sono entrata in crisi perché pensavo: «Come potrò amarlo se tutto il mio amore è per il primo? ». Questo perché avevo un concetto matematico dell'amore: se il mio 100% d'amore era per il mio primo figlio, come avrei potuto amare anche il secondo ? Mi dicevo però: «Siccome vorrei essere una buona madre, dividerò equamente il mio amore, al 50% per ognuno». Questo ragionamento filava perfettamente, ma il mio cuore soffriva perché sapevo che avrei tolto un 50% al primo.  Tuttavia dentro di me, ero irremovibile:  dovevo assolutamente fare una divisione equa. 

Dopo la nascita del secondo figlio nel mio cervello è avvenuto  un click, che ha completamente rivoluzionato il mio pensiero: devo ringraziare la nascita di Riccardo, mio secondogenito, per avermi fatto capire una delle cose più belle ed importanti della vita e cioè che l'amore non si divide, ma si moltiplica. Quel piccolo bambino tra le mie braccia mi ha svelato un segreto evidente e chiaro, ma che non avrei mai capito se non dopo avere fatto esperienza: il mio amore ora poteva essere al 100% per il primo figlio e anche per il secondo, e ancora moltiplicato all'infinito. Potevo guardare la vita con altri occhi, con uno sguardo nuovo con cui la matematica non c'entrava molto.

Così posso dire  è per la nonviolenza:  fino a quando non ne facciamo esperienza, non la facciamo diventare pratica nella nostra vita,  non potremmo capire la sua forza, la sua potenza. Fino a quando non scatterà nella nostra testa quel click, resterà solo un concetto (bello magari, ma privo di efficacia). 

La nonviolenza quindi non è una parola astratta, ma esperienza umana possibile, da praticare intanto nelle nostre situazioni di conflitto interpersonali, familiari, lavorative, prima ancora che applicarlo alle grandi questioni, perché se non ne facciamo esperienza non possiamo capirla, crederci, volerla, agirla. La nonviolenza  deve essere quel click che deve scattare nel nostro cervello e che ci fa decidere, dentro la situazione di conflitto, di deporre le armi e di non fare la guerra. 

Infatti, in una situazione di conflitto personale, io posso scegliere di fare la guerra, affilare le armi, preparare la difesa, cercare le fragilità dell'avversario, preparare l'imboscata, aspettare il momento giusto per attaccare strategicamente, covare la mia vendetta, cercare alleati, distruggere socialmente l'altro con la menzogna, covare il risentimento, tendere un agguato e così via. Questo è agire la guerra e in qualche modo tutti ne abbiamo fatto esperienza nella nostra vita. Ci sarà capitato infatti,  a volte, di essere stati offesi,  derisi, umiliati ingiustamente e di conseguenza di avere agito preparando la nostra difesa e poi la guerra. 

Ecco, la nonviolenza è l'esperienza che possiamo fare quando invece decidiamo di non entrare in guerra: che non significa soccombere, ma scegliere un'altra via. Se scelgo questa via non vedo il mio nemico, ma il mio avversario: decido di incontrarlo non stando in difesa, ma superando i confini, perché il confine non è un tabù inattraversabile.  Il confine sta nella nostra testa e, per gli Stati, è una convenzione.

Posso andare verso l'altro disarmata, per incontrarlo, disposta anche a perdere. Quello che mi interessa è incontrare la sua coscienza, la sua umanità. Il gesto di deporre le armi mi apre a mille altre possibilità, accende la mia creatività, la mia voglia di accordo, di resistenza, di umanità fragile, disposta a provare, a metterci tutta me stessa, non solo la mia rabbia e la mia vendetta. Tante volte  in un conflitto interpersonale ho scelto di fare la guerra:  quelle  sono state relazioni perse, non più recuperate. Ho vinto, magari, ma mi è sempre rimasta l'amarezza, un rancore che non si scioglie, che rimane sepolto, ma cova. 

Quando invece ho scelto la nonviolenza, magari ho preso bastonate, ho sofferto, ho imparato e  spesso ho trovato un altro uomo, un'altra donna e qualche volta un amico.

La razionalità è lo sguardo sull'esistente, l'amore è la visione sulla realtà possibile che travolge l'impossibile - come diceva Baden Powell fondatore della scoutismo - facendolo diventare possibile. L'amore trasforma la visione della nostra realtà e le dà un orizzonte:  l'uomo può finalmente guardare lontano.  Non più uno sguardo corto che ci fa vedere solo i confini, ma una visione che ci apre all'infinito. Per i credenti potremmo dire che ci apre a Dio e alla provvidenza. Non più divisione ma moltiplicazione:  il divisore nella Bibbia è Lucifero, il moltiplicatore nel Nuovo testamento è Gesù che moltiplica i pani, che porta una nuova legge, un nuovo ordine. La legge dell'amore e della nonviolenza . 

Gandhi, Martin Luther King , come sapete, partendo da tradizioni religiose diverse approdano allo stesso risultato. Niente è più potente della nonviolenza che mira alla coscienza dell'altro: a quella parte di noi che ci fa essere umani, che ci apre alla vita. 

La nonviolenza è quel fondo comune di tutte le tradizioni umane e religiose di cui parla Lanza del Vasto, quella forza antica come le montagne, come diceva Gandhi, che con la lotta nonviolenta del popolo indiano, senza armi, mette in ginocchio la più potente delle nazioni del mondo; così come Martin Luther King porta avanti la vincente lotta dei diritti civili degli afroamericani e così tante altre esperienze in tutto il mondo, in cui l'uomo è stato capace di sperimentare la nonviolenza in conflitti sociali difficili e complessi.

Maria Albanese 

(co-responsabile, con il marito Enzo Sanfilippo, della sezione Italiana del movimento internazionale de "L'Arca" di Lanza del Vasto): 

testimonianza alla presentazione del libro di 

Lanza del Vasto, Le due potenze. L'atomica e la nonviolenza

 (La Meridiana, Molfetta 2022) 

presso la "Casa dell'uquità e della bellezza" di Palermo.

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