lunedì 9 aprile 2012

Sergio Velluto recensisce “Il Dio dei leghisti” su “Riforma”


“Riforma. Settimanale delle chiese evangeliche valdesi, metodiste e battiste”
30.3.2012

Come conciliare Dio e il dio-Po.
Un libro indagine sul cattolicesimo della Lega

Quando si è coinvolti nella vita della chiesa è facile smarrire una visione complessiva delle cose che si fanno e si dicono. Spesso quello che conta è la riuscita della singola attività, e lo sforzo maggiore che facciamo è sul fronte organizzativo. Può succedere di lasciarsi coinvolgere troppo dal contingente e di trascurare il riferimento generale che ci spinge ad essere “attivi”. E, trattandosi di un riferimento alla fede (cristiana nel mio caso), al nostro rapporto con il prossimo e con Dio stesso, in poche parole al senso stesso della vita, questo smarrimento dei riferimenti cardinali è abbastanza grave. Devo ringraziare Augusto Cavadi, filosofo non filosofo e teologo di strada, per avermi dato la possibilità, nella prima giornata di primavera che quest’anno così anomalo meteorologicamente, ci ha offerto, di fare di nuovo il punto della situazione. L’occasione è giunta attraverso la lettura del suo libro “il Dio dei legisti”, appena stampato dalle Edizioni San Paolo. Non me lo sarei aspettato, non essendo leghista ed essendomi approcciato alla lettura di questo testo in una giornata dedicata allo shabbat moderno della gita fuoriporta, armato di sedia a sdraio e di una buona lettura.
Cavadi inizia in modo davvero accattivante la sua riflessione sul perché i Leghisti, come del resto anche i Mafiosi di cui ha già ampiamente scritto, amino definirsi cattolici e sul perché la chiesa cattolica romana non prende le distanze da loro in modo netto e inequivocabile.
Ci ricorda le varie “esternazioni” in tema di fede e religiosità dei principali leader del Carroccio. Ci fa ripercorrere il consueto rito del dio Po, con la liturgia dell’ampolla di acqua (santa?) prelevata al Monviso e riversata in Laguna, e i molteplici matrimoni celebrati con “rito celtico” da strenui difensori delle tradizioni cattoliche (il crocifisso).
Poi esamina con la competenza e l’arguzia che gli sono congeniali, il compendio di valori e disvalori che costituiscono la “cultura” leghista, in cui l’analisi del presunto razzismo dei leghisti svolge un ruolo da protagonista.
In questa lettura riconosciamo gli ultimi vent’anni della nostra storia, il comportamento di conoscenti, parenti, politici e figli di politici. Insomma crediamo di avere completato la lettura, ma il libro è solo a metà.
E qui è arrivata la sorpresa più bella. Augusto Cavadi non si limita ad un’analisi che certo originalissima non è, anche se condotta con maestria. Prendendo lo spunto dalla strumentalizzazione della religione cristiana ad opera di un movimento politico, Cavadi inizia a parlare di teologia. L’argomento diventa un pretesto per accompagnarci in una riflessione profonda di quello che dovrebbe, o potrebbe, essere il significato di definirsi cristiani, seguaci di un Cristo che ha pronunciato discorsi e ha operato miracoli che difficilmente potrebbero diventare alibi e giustificazioni di questo o quel movimento politico.
Certo, Augusto Cavadi va anche oltre una declinazione, chiara, semplice e netta del senso che ha oggi il dichiararsi cristiani. Il suo pensiero, come già delineato in altri suoi scritti (In verità ci disse altro. Reggio Calabria 2088) supera il confine della singola denominazione, religione monoteista o pensiero religioso. Ma non siamo costretti a condividerlo, basta sapere che c’è chi ha la capacità di astrarsi dal particolare per lanciare una sfida globale alla spiritualità di tutti i popoli e di tutti i tempi.
Partendo dall’analisi di “una Chiesa corteggiata dai fascisti italiani, dai franchisti spagnoli, dai mafiosi meridionali o dai leghisti settentrionali”, Cavadi pone delle domande molto precise a tutti i cristiani. Affronta la questione dei “valori non negoziabili” e del legame tra Chiesa e potere. Poi ,per rispondere alla domanda “come fare della Chiesa, e delle chiese, dei luoghi insopportabili, irrespirabili, per chiunque viva in un’ottica egoista e corporativa la spasmodica ricerca del profitto e del comando” traccia alcune ipotesi di lavoro che discendono dalla necessaria riscoperta di Dio come amore (agape). E’ in queste pagine che, svincolati dai riferimenti all’operazione politica di Bossi, Cavadi ci permette di ripensare alla terapia di cui tutti, cattolici e diversamente cattolici, abbiamo bisogno per ritrovare l’autenticità del messaggio di Gesù Cristo nella nostra vita.
Grazie Augusto per averci dato un’altra possibilità di riflettere su perché essere cristiani oggi.

Sergio Velluto

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