lunedì 14 ottobre 2013

Due ore di legalità nelle scuole ?


“Repubblica – Palermo”

11.10. 13

 

     Educazione alla legalità: cominciamo dalle raccomandazioni

    Due ore a settimana di antimafia da  insegnare nelle scuole medie e superiori siciliane: è la proposta contenuta in un disegno di legge presentato dal Movimento Cinque Stelle allʼAssemblea regionale siciliana. Pronta l’adesione di Nello Musumeci, presidente della Commissione antimafia, che ne aveva già presentato una analoga nel 2007 al Parlamento europeo di  Strasburgo.
        Date per scontate le intenzioni benemerite degli attuali politici, mi viene spontaneo augurarmi che anche questa volta – come nel corso della precedente legislatura regionale in cui una proposta simile fu avanzata da deputati di sinistra – tutto si areni fra le chiacchiere e i veti incrociati. Non certo perché di educazione civile contro la mentalità e le pratiche mafiose non ce ne sia bisogno dalle nostre parti, ma proprio perché ce n’è molta necessità. E allora o si fanno le cose per bene o è meglio non costruire, a sé stessi e agli altri (in questo caso i giovani), comodi alibi.
      Innanzitutto va ricordato che il sistema scolastico (come potrebbero attestare dall’oltretomba Platone, Agostino, Manzoni, Leopardi, Ungaretti…) riesce a rendere odiose anche le proposte più affascinanti. Sappiamo tutti che solo Carmelo Bene, Vittorio Gassman o Roberto Benigni riescono a sdoganare la “Divina Commedia” dal limbo di venerazione formale e di antipatia sostanziale in cui riescono a relegarla la maggior parte dei docenti di letteratura italiana (con eccezioni tanto più significative quanto rare).
       In secondo luogo, non si può parlare di “legalità” come disciplina a sé: va inserita in un quadro complessivo di storia del Meridione, di diritto costituzionale, di elementi basilari di economia…Insomma è un tema interdisciplinare e ancor più transdisciplinare: deve costituire parte integrante dell'intera programmazione didattica e, soprattutto, esige il rinnovamento metodologico e contenutistico per lo sviluppo di una coscienza critica degli alunni. Che senso ha fare l’ora di legalità (democratica) e continuare a insegnare in maniera dogmatica e nozionistica il latino o la fisica?
          In terzo luogo, infine, le pur necessarie modifiche dal punto di vista cognitivo, intellettuale, sarebbero comunque insufficienti se non accompagnate da una radicale riforma delle pratiche. Non parliamo delle pratiche nella società in generale, nelle sedi istituzionali e amministrative in particolare: sarebbe, in questo momento, come accendere fiammiferi per vedere meglio i giochi di fuoco. Limitiamoci alle nostre scuole,  troppo spesso palestre di favoritismi in cui si insegna, con i fatti, che il rispetto delle regole non paga e che contano soltanto la furbizia individuale e le amicizie altolocate. Si potrebbero moltiplicare gli esempi, ma già nella scelta della sezione in cui iscrivere i propri figli si scatena una caccia alla raccomandazione per entrare nei corsi più “in” ed evitare gli “out”. Che poi qualche dirigente scolastico riesca a resistere alle pressioni relazionali è di certo lodevole, ma non scontato. Più in generale, in tutte le scuole in cui ho lavorato da quaranta anni, il docente che arriva abitualmente in ritardo, resta indietro col programma e limita le spiegazioni ai testi in adozione, lascia copiare liberamente durante le prove scritte  – purché a fine d’anno sia “generoso”  nelle valutazioni – viene considerato “buono” dagli alunni, dalle famiglie e persino dai colleghi. Se invece è più esigente con sé stesso  - sia per quanto riguarda l’aggiornamento professionale sia  dal punto di vista deontologico  - e, dunque, anche con gli alunni, nel corso dell’anno scolastico e in sede di scrutini finali, viene qualificato con una vasta gamma di epiteti, dal più gentile ( “E’ una testa dura,  di coccio”) ai meno riferibili. La legalità, insomma, la si insegna prima di tutto ed essenzialmente vivendola, inspirandola ed espirandola: facendone apprezzare, secondo l’espressione cara a Paolo Borsellino, il “profumo”. Certo, questo costa un po’ più che fingere di somministrarla a ore settimanali: ma è il prezzo di tutte le cose belle della vita.

Augusto Cavadi
ASSOCIAZIONI


2 commenti:

renzo pintus ha detto...

la proposta dei 5 stalle, condivisa da nello musumeci, formidabile accoppiata di sbarbatelli e omini di panza, richiama alla mente l'istituzione per legge dello studio di "cittadinanza e costituzione" da parte del più insulso ministro della pubblica istruzione che la storia della repubblica italiana annoveri. Come lo studio della costituzione, anche quello della legalità, sembra una strategia pianificata per far disamorare dell'una e dell'altra, strategia volta alla sterilizzazione delle coscienze e funzionale alla manomissione della prima e al travisamento della seconda. Da questi pulpiti, non a caso, partono i più beceri attacchi alla Carta, al diritto di cittadinanza per gli immigrati, al rispetto delle leggi e dello stato di diritto. nondimeno l'indifferenza, se non proprio l'ignoranza ,di tanti docenti è un problema molto serio che non si risolve con l'introduzione di saperi che dovrebbero essere già prerequisito culturale, morale e deontologico di chi opera nella scuola. ma formare e selezionare i formatori è l'ultimo rimedio che questi improvvisati possano mai concepire.

Maria D'Asaro ha detto...

Da docente, condivido le tue riflessioni.
Maria D'Asaro