mercoledì 2 agosto 2017

PRIMI APPUNTI DI VIAGGIO IN CINA

In tanti mi chiedete come sia andato il viaggio di Adriana e mio in Cina. Nel complesso un'esperienza davvero interessante anche perché, grazie all'associazione interculturale "Casa officina" di Palermo, abbiamo potuto incontrare anche raltà sociale del tutto fuori dai circuiti turistici.
Qui di seguito alcune note che ho preso nel viaggio di ritorno.
Nella foto sono con la guida che ci ha accompagnato nella "Città proibita" di Pechino, visibilmente contento di ricevere una copia in cinese del mio libretto "I siciliani spiegati ai turisti".

      Può un viaggio incuriosirti, a tratti divertirti, ma lasciarti nell’animo soprattutto un senso di smarrimento, di scoraggiamento? E’ quanto mi è capitato dopo le due settimane in Cina. E se l’impressione è netta, non altrettanto nitide mi risultano le ragioni che hanno concorso a formarla.
  Il dato immediato, macroscopico, è che mi si è parato innanzi un mondo dove tutto è sproporzionato rispetto alle mie misure abituali o, per lo meno, oggettivamente colossale. Sbarchi a Pechino e il bus che ci preleva impiega ore per raggiungere l’albergo: già le distanze sono ciclopiche (la circonvallazione più esterna della città è di circa 900 kilometri), cui si aggiunge il caos del traffico automobilistico (gli abitanti ufficialmente registrati sono circa 20 milioni, senza considerare i secondi geniti che per decenni non potevano essere dichiarati all’anagrafe). Ma distanze e popolazione non colpiscono quanto il numero e la mole dei grattacieli: edifici di una bellezza spesso abbagliante, che si slanciano arditamente ad altezze vertiginose che non ho mai visto in presenza (forse perché non sono mai stato a New York).
  Una prima razionalizzazione del mio senso di disorientamento  potrei definirla di ordine ecologico. Per decenni avevo sentito affermare, e avevo qualche volta ripetuto, che i cinesi avessero il diritto di godere delle nostre comodità e dei nostri consumi di Occidentali, ma che – quando ciò si fosse avverato – il pianeta sarebbe entrato in una fase terminale. Ebbene, dopo poche ore hai la certezza che quel momento di occidentalizzazione dell’Oriente è già arrivato: che le automobili di lusso, le moto, i condizionatori d’aria, le luci notturne per ornamento o per pubblicità…sono già una diffusa, imperante, tracimante realtà. Te lo conferma il cielo di Pechino o, per essere più esatti, quella coltre di nuvole e di smog che si frappone senza fessure fra te e il cielo. Una sorta di illuminazione ti fa intuire perché molti, soprattutto fra i giovani, camminano con il viso bendato e gli occhialoni: un estremo, forse vano, tentativo di difendersi da un’atmosfera innaturale. E allora è come se vedessi, in anticipo rispetto al prossimo futuro, il panorama – surreale e inquietante – delle città che sei solito abitare.
 Quando il tuo sguardo si volge verso la quotidianità noti dappertutto i simboli della più sfacciata ricchezza capitalistica: ristoranti di lusso, banche di ogni genere, negozi del made in Italy, cellulari diffusi capillarmente. Non solo nei buffet degli alberghi la mattina, ma anche  in tutti i locali – di media categoria – in cui siamo andati a mangiare, vengono servite al centro della tavola portate gustosissime e abbondantissime: con stupore, prima, con amarezza dopo, constato che tutto il cibo che rimane viene raccolto indistintamente in sacchi di rifiuti. In alcuni ristoranti mi dicono che servono sino a seimila pasti a ogni pranzo: quanti chili di roba vengono gettati (spero, almeno, per nutrire animali)? Né la situazione è differente quando i turisti sono, o mi sembrano, indiani: il mio immaginario è fermo a quando in Italia raccoglievamo soldi per contrastare la carestia in quella zona meridionale dell’Asia, adesso vedo ospiti provenienti da quelle aree che, alla colazione mattutina negli alberghi,  riempiono i vassoi  del doppio o del triplo di quello che poi effettivamente consumano. Di contro a tanto spreco ti aspetteresti, almeno, che ciò accompagnasse la scomparsa dei casi eclatanti di miseria. Ma non è così. Né in città grandi (dove ho visto con i miei occhi rovistare tra i cestini della spazzatura per racimolare qualcosa da rosicchiare o da succhiare) né in zone naturalistiche montuose (dove per sentieri impervi ho visto salire e scendere uomini di varia età che trasportavano in spalla turisti e merce varia: in un caso un poveruomo – icona plastica del Nazareno sulla via del Calvario – portava sulla spalla delle travi di ferro incrociate). Un raro, rarissimo ritratto di Mao opera come un flash e intuisci che una seconda ragione di scoramento è di ordine, per così dire, politico. Nel tuo immaginario, implosa l’Unione Sovietica e  morto Fidel Castro, la Cina popolare era rimasta l’ultimo modello alternativo al capitalismo: un modello certo criticabile, imperfetto, per molti versi crudele, comunque alternativo alla dittatura del profitto ad ogni costo. Invece non c’è neppure uno Stato sociale efficiente: mi spiegano che denti e occhi vengono curati bene solo se si ha un’assicurazione sanitaria, quasi peggio che in Italia. Un ragazzo di Berna incontrato per caso in un bar con i suoi genitori, che studia musica in Cina, frequenta i coetanei e parla bene il cinese, lo conferma senza esitazioni: “Qui non c’è un mezzo capitalismo moderato da un mezzo socialismo, c’è il capitalismo puro. Di comunista c’è solo censura e repressione, ma i giovani le sopportano sempre peggio: la Cina è una pentola in ebollizione e, se il governo non darà maggiori concessioni anche sul versante delle libertà civili, si troverà a dover fronteggiare delle rivolte destabilizzanti”. Il padre, un docente di musica classica in quiescenza, aggiunge una nota interessante: “In Italia avete ancora memoria della solidarietà sociale: per questo vi fa ancora più impressione il divario fra ricchi sempre più ricchi e poveri che restano tali”.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

3 commenti:

Bruno Vergani ha detto...

E ritorna Montaigne che citava Lucano che a sua volta sintetizzava la concezione dello stare al mondo di Catone il Giovane; il giro è lungo ma l’indicazione è puntuale e sempre più attuale:
« Conservare la misura, rispettare il limite e seguire la natura. »

Pietro Spalla ha detto...

Insomma dall'occidente hanno importato il peggio...

Biuso ha detto...

Una cronaca/riflessione davvero esemplare, caro Augusto. Che conferma con la forza della testimonianza diretta quanto da tempo è già evidente di quel capitalismo di stato.