sabato 18 marzo 2023

LAZZARO E LA "VERA" MORTE NEL VANGELO DI DOMENICA 26 MARZO 2023


Quinta domenica di Quaresima:

Gv 11, 1-45

 

Per secoli – forse non nei primissimi dell'era cristiana, ma certamente da una quindicina di secoli a oggi – questa pagina del vangelo attribuito a Giovanni è stato letta come resoconto fedele di un evento storico. Così interpretata è servita da cavallo di battaglia per ogni argomentazione apologetica: forse, qua o là, qualche taumaturgo nella storia avrà sanato un ammalato o scacciato un demone, ma un cadavere nessuno mai l'ha richiamato alla vita biologica precedente ! A dire il vero, anche in questa prospettiva cronachistico-storiografica il racconto non era esente da dubbi e obiezioni: si sarebbe trattato davvero di un unicum? Lo studio comparato delle religioni attesta molte narrazioni di guru in grado di restituire il respiro vitale a soggetti defunti. E soprattutto: perché Lazzaro sì e tanti altri amici e amiche di Gesù no? Vale forse una sorta di gigantesco favoritismo soprannaturale per cui i fratelli delle amiche più care (Marta e Maria) meritano trattamenti privilegiati rispetto a chi è privo di raccomandazioni in alto loco?

Comunque questo genere di diatribe ha progressivamente perduto terreno man mano che gli esegeti – per una serie di ragioni che non è il luogo di richiamare – sono arrivati alla conclusione (ormai pressoché unanime) che questa pagina, in coerenza con  tutto il quarto vangelo canonico,  non è stata originariamente redatta come report di un evento, bensì come una sorta di parabola simbolica per annunziare una profonda, sincera, convinzione di fede: che il Maestro di Nazaret può diventare, per chi lo accolga nel proprio spazio esistenziale, un fiotto di vita nuova. Anzi, di vita – qualitativamente, non quantitativamente - “eterna”. Incontrarlo può davvero farci ri-nascere. 

Abitualmente chiamiamo vita – vita buona, vita sana, vita sufficiente – una vita senza malattie invalidanti, senza privazioni particolarmente umilianti, inserita in un contesto sociale tutto sommato accettabile e che ci accetta. Questo dimensione, indubbiamente reale e apprezzabile, esaurisce le potenzialità di una vita umana? O essa vale nella misura in cui consente, come una sorta di pista di decollo, l'esperienza dell'apertura ai grandi orizzonti della conoscenza scientifica, della contemplazione estetica, dell'ebbrezza erotica, dell'inventiva politica, della creatività solidale in difesa dei viventi di ogni specie, dell'unione mistica silenziosa con tutto il reale attingibile? Chi ha incontrato una persona capace di vivere così intensamente, e di innamorarsene, avverte l'insufficienza della sua mera sopravvivenza fisiologica e le si aggrappa per uscire dalla tomba della routine ordinaria (o, secondo un'altra immagine altrettanto celebre, per uscire dalla caverna semibuia dell'insipienza).

Kierkegaard ironizza su un passaggio di questa pagina giovannea: Gesù dice che questa malattia di Lazzaro non è mortale, ma Lazzaro muore. Il Profeta si è sbagliato clamorosamente? La tesi del pensatore danese è sottile: Gesù afferma che le malattie che ci portano alla tomba non sono veramente mortali perché non ci tolgono la vera vita.  Mortale davvero è un altro genere di malattia: il vivere rinchiusi nell'angoscia di “peccare”; il non intraprendere nulla per il timore di sbagliare; il rinunziare alla propria libertà seppellendosi nel conformismo, nel tradizionalismo, nella “santa” mediocrità scambiata per saggio equilibrio. Gesù ha osato rompere gli schemi ereditati e additare, percorrendoli per primi, sentieri inediti all'umanità. Spetta alla insostituibile “singolarità” di ciascuno e di ciascuna decidere se – alla sua sequela – vogliamo vivere in formato ridotto o provare a volare. 

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com


(L'omelia 'laica' è stata richiesta dalla redazione di "Adiste-Notizie" e ivi pubblicata nel num. 6 del 25.2.2023)

  

2 commenti:

Saro Mineo ha detto...

Peccato che il 19 Marzo ci fosse un altro brano di Giovanni, quello del cieco nato.....

Mauro ha detto...

Sono d'accordo con l'illuminante commento di Augusto. Cristo ha dato un messaggio di universalità aperta, in cui anche la morte stessa perde il senso di una scomparsa definitiva dalla vita.