giovedì 16 gennaio 2014

Machiavelli va ripensato? Mario Trombino intervista Augusto Cavadi


“Diogene Magazine”
Dicembre 2013

Mario Trombino intervista Augusto Cavadi su:

ETICA E POLITICA. Machiavelli va ripensato?

A proposito della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” di Palermo

·      Perché avete scelto per la vostra scuola una impostazione etico-politica?
·      Siamo convinti che, a differenza di ciò che si ripete retoricamente in giro, non si tratta di rifondare eticamente la politica, bensì di ripensare criticamente l’etica che ispira ogni politica.  Come ho cercato di argomentare proprio in un corso della nostra Scuola, poi edito dalla Cittadella Editrice di Assisi col titolo Ripartire dalle radici. Naufragio della politica ed etiche contemporanee, ogni comportamento politico (astensionismo incluso) è, di fatto, oggettivamente, che lo si voglia o meno, radicato in una concezione etica più ampia. C’è un’etica personalistica, un’etica pacifista, un’etica nonviolenta proprio come c’è un’etica fascista, un’etica militarista o un’etica consumistica. Pensiamo che un’analisi seria e soprattutto una progettazione politica seria debbano assumere il nodo etica/politica in tutta la sua complessità. Mi pare che sia stata questa, tra l’altro, la lezione di Aristotele che non ha certo separato le questioni etiche dalle questioni politiche…Molto più modestamente, mi sono assunto il compito  - solo apparentemente paradossale – di enucleare dai documenti disponibili l’etica mafiosa (ne Il Dio dei mafiosi delle Edizioni San Paolo di Milano) e l’etica leghista (ne Il Dio dei leghisti della medesima casa editrice).
·      Cosa avete da dire a coloro che ritengono che la politica debba avere un fondamento del tutto indipendente dall'etica, e che i valori etici non possano essere chiamati in causa (e non lo sono di fatto dai politici) per l'impostazione e la soluzione del problemi politici?
·       Che non sanno quello che dicono. Ma così risulterei offensivo, contro ogni mia intenzione. Si tratta, se dobbiamo ragionare filosoficamente, di chiarire l’uso delle parole. Quando Machiavelli teorizza, nelle sue diagnosi della politica come come va di fatto  e  - forse -  nelle sue terapie su come dovrebbe andare di diritto, la separazione dell’etica dalla politica, pensa alla messa fra parentesi di una certa etica (la cattolica): ma i princìpi del pragmatismo, del relativismo, dell’opportunismo tattico, del primato della forza sulla libera convinzione…e così via, insomma i princìpi a cui dovrebbe ispirarsi secondo Machiavelli un politico efficace, costituiscono una costellazione etica o no? Oppure dobbiamo restare paradossalmente vittime di un clericocentrismo, perfino quando riteniamo di combatterlo, riservando all’etica cattolica l’esclusivo monopolio dell’etica e negando a Spinoza, Hobbes, Locke, Kant o Marx la proprietà di un’etica?
·      Quali principi etici ritenete siano da richiamare per una Scuola "etico-politica"? su quale fondamento avete scelto questi principi? 
·       Se sono stato chiaro prima, si può facilmente intuire perché – quando ho proposto ad un ristretto numero di amici la fondazione della Scuola – non ho proposto, contestualmente, nessun grappolo di princìpi etici. La nostra finalità non è diffondere princìpi etici ‘sani’ per tutta una serie di ragioni, prima delle quali il fatto che la nostra Scuola è geneticamente pluralistica e non avremmo modo di accordarci su un minimo denominatore unanimamente condiviso. Abbiamo un obiettivo apparentemente più modesto, forse nella sostanza più ambizioso: offrire ai cittadini in genere, e ai cittadini impegnati più direttamente negli organi deliberativi e amministrativi, delle occasioni per sapere che cosa effettivamente stanno operando. Un libro come quello che ho pubblicato in varie edizioni (l’ultima delle quali, coadiuvato da Elisabetta Poma, con l’editore Di Girolamo di Trapani), La bellezza della politica. Attraverso e oltre le ideologie del Novecento, in quanto riprende i materiali di un nostro ‘tipico’ corso di formazione, esemplifica la nostra prospettiva ‘pedagogica’: vorremmo un dibattito pubblico, in Italia e in Europa, un po’ meno basso e un po’ meno irriflesso. Un po’ meno basso: più che perdersi nei dettagli tecnici, partiti ed esponenti politici dovrebbero presentare le linee di fondo della loro visione etico-politica. Ma non lo potranno fare sino a quando vivranno nella incoscienza, nella ignoranza dei propri stessi presupposti ideali. Con una formula di cui mi si perdonerà, spero, la brevità, non lavoriamo da più di venti anni per un Paese dove ci siano più liberali o più socialisti o più fascisti, bensì dove ci siano liberali più liberali, socialisti più socialisti e fascisti più fascisti. L’esperienza mi dice, per altro, che quando un giovane o un anziano prende consapevolezza di ciò che veramente propone il fascismo o l’anarchismo, spesso entra in crisi: o perché lo trova inaccettabile o perché lo trova irrealizzabile o perché non lo trova convincente per altre ragioni.
·      Perché avete scelto la modalità del volontariato?
Bella domanda! Sai che mi metti in crisi come filosofo che, di solito, non dà nulla per scontato? Invece la nostra opzione di attivare una Scuola di formazione etico-politica come strumento di volontariato culturale è stata, probabilmente, una opzione per nulla ponderata. Ti risponderei, a posteriori, che abbiamo avuto dalla nostra una attenuante: si pondera una via quando ce ne sono almeno due praticabili, ma nel nostro caso c’erano alternative? Avremmo dovuto proporci di farne un’occasione di guadagno? Sarebbe stato legittimo, ma con difficoltà  - riterrei tuttora – insormontabili. Infatti, se avessimo dovuto chiedere i soldi agli ‘alunni’ che seguono i corsi (intendo delle quote un po’ più consistenti rispetto alle quote pressocché simboliche che abbiamo sempre chiesto per le spese gestionali essenziali), avremmo avuto una diminuzione di partecipanti ancor più clamorosa di quella registrata dopo il primo decennio di attività. Se invece avessimo dovuto chiedere finanziamenti a istituzioni, enti pubblici o privati, banche o imprese, sindacati o chiese  - ammesso e non concesso che ci fosse nel passato e ci sia nel presente, soprattutto nel Meridione italiano, qualcuno disposto a finanziare progetti culturali – avremmo perduto la nostra ricchezza più preziosa: la libertà di opinione. Comunque, se invece tu o altri avete delle idee su come trasformare un servizio formativo di questo genere in attività produttiva, siamo qui tutto-orecchie: purché resti un’iniziativa libera da condizionamenti ideologici o partitici o religiosi.

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