martedì 31 gennaio 2017

LA MAFIA OGGI: SOMMERSA E GLOBALIZZATA


“Repubblica- Palermo”
28.1.2017

LA MAFIA GLOBALIZZATA

Il 15 gennaio del 1993 Totò Riina è stato catturato. La storia di Cosa nostra ha subito una svolta epocale. Come storici e magistrati ci aiutano a capire (ho terminato in questi giorni la lettura istruttiva di Globalmafia. Manifesto per un’internazionale antimafia di Giuseppe Carlo Marino con un ampio contributo in forma di postfazione di Antonio Ingroia), con la consegna allo Stato del suo dittatore sanguinario, la mafia siciliana ha segnato il passaggio dalla fase stragista alla fase della ristrutturazione interna e dell’infiltrazione soft nelle strutture esterne.
Il cambio di strategia legittima due giudizi solo apparentemente contraddittori. La mafia è indebolita? Se si guarda alla sua pervasività nel territorio si può rispondere, fortunatamente, di sì. Meritorie iniziative della cittadinanza più consapevole, sinergicamente intrecciate con altrettanto meritorie azioni delle autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza, hanno reso la vita più difficile ai boss di quartiere. Qualche intercettazione telefonica lo conferma: il suggerimento è di non chiedere il pizzo a commercianti che aderiscono apertamente a organizzazioni antiracket dal momento che potrebbero essere in contatto più immediato con le Forze dell’ordine.
Tuttavia, se si guarda alla mafia siciliana nei suoi rapporti con le associazioni similari operanti in Italia e in altri Stati (europei, americani, africani, asiatici e persino australiani), vale la risposta opposta: è viva e vegeta, scoppia di salute e fa affari alla grande. Meno della ‘Ndrangheta, a quanto pare, ma non meno di camorristi campani e sacro-coronisti pugliesi. Se facesse solo affari, sarebbe grave; ma poiché la mafia stringe alleanze con i politici, la situazione è gravissima. In silenzio, e alla chetichella, nei decenni trascorsi è penetrata nei gangli delle amministrazioni del Centro (eclatante il caso di Roma)  e del Nord Italia, tessendo patti scellerati persino con partiti   - sedicenti puri e duri – come la Lega. E cosa sta avvenendo in Germania, in Belgio, in Austria,  in Liechtenstein? Già negli anni Novanta un ministro della giustizia del Baden-Wüttemberg dovette dimettersi perché intercettato mentre raccomandava al leader del CDU di Stoccarda di essere più prudente nei suoi rapporti con ambienti mafiosi (calabresi). Al di là di singoli episodi, sarebbe credibile che in Europa continentale i mafiosi negozino con banchieri di alto rango, riciclando somme colossali di denaro sporco, senza provare ad agganciare esponenti politici dislocati ai vari livelli della piramide (tanto più che ormai agevoli ponti d’oro collegano, nei due sensi di marcia, le poltrone più ambite della finanza agli scranni più autorevoli della politica) ? Se ciò non avvenisse la mafia non sarebbe mafia. Tanto più che, a dispetto di ogni logica democratica,  il primato  planetario delle centrali economico-finanziarie sulle istituzioni politiche favorisce la subordinazione delle seconde alle prime: basta osservare quali priorità l’Unione Europea sta rispettando nel rispondere alla sfida epocale delle immigrazioni, nonostante le dichiarazioni altisonanti di molte Costituzioni. Allo stato mi pare che di questa degenerazione non se ne preoccupino né i politici in auge né le grosse agenzie d’informazione. Lo si farà quando, come è avvenuto a Duisburg il 15 agosto 2007, le mafie useranno i mitra? Forse. Ma allora potrebbe essere già troppo tardi.

Augusto Cavadi

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