venerdì 19 ottobre 2018

CHIESA CATTOLICA E SISTEMA MAFIOSO. ANCORA MOLTA STRADA DAVANTI....

Adista Segni Nuovi n° 37 del 27-10-2018

Chiesa e mafia. Ancora troppa miopia.

     Quanto il papa ha detto, nella recente visita in Sicilia,  sul sistema mafioso e sulla coscienza dei mafiosi come soggetti singoli non è stato nulla di inedito, di imprevedibile, di rivoluzionario. Ha ribadito l’incompatibilità fra il vangelo e la lupara: fra la fede nel messaggio di fraternità solidale di Gesù e le pratiche (ora corruttive ora intimidatrici) finalizzate all’acquisizione di profilli illeciti e di condizionamento delle vite altrui. Nulla di nuovo? Sarebbe ingiusto sottovalutare la tonalità emotiva dei suoi interventi. Introdotto e incoraggiato dal linguaggio semplice e autentico dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, egli ha evitato i termini roboanti e le circonlocuzioni retoriche: ha parlato come uno che sa bene - per esperienza dei propri limiti esistenziali e delle resistenze istituzionali che le gerarchie vaticane oppongono anche ai suoi tentativi di rinnovamento – quanto sia difficile differenziare davvero lo stile di vita personale e comunitario dal modo di intendere e condurre la vita da parte dei mafiosi e dei loro complici. 
  Il significato e l’incidenza di questa visita pastorale di papa Francesco sono da misurare dal giorno successivo alla sua partenza per Roma: che cosa cambierà davvero nella chiesa siciliana? L’invettiva celebre nella Valle dei templi di Agrigento, proclamata da Giovanni Paolo II 25 anni fa, è stata presa sul serio  - più che da preti e fedeli – dai mafiosi: che, infatti, misero bombe nelle chiese di Roma e uccisero Puglisi.  Il rischio, oggi come allora, è che il rifiuto del volto criminale della mafia che spara non sia accompagnato e autenticizzato dal rifiuto del suo volto politico, economico e culturale.
  Sul versante politico, per limitarci a un solo esempio, in questo mezzo secolo è stato possibile assistere all’ascesa ai vertici istituzionali della regione di personaggi che hanno sempre sventolato come certificato di garanzia l’appartenenza alla chiesa cattolica, ma che – nel perdurante, assordante, silenzio dell’episcopato – sono stati condannati per favoreggiamento della mafia.  
   Sul versante economico, poi, i rapporti di lavoro fra istituzioni cattoliche e dipendenti vari (cuochi, camerieri, inservienti, portinai…), soprattutto nelle strutture adattate all’ospitalità turistica, permangono sepolti sotto una pesante coltre assai poco trasparente: le normative vengono interpretate elasticamente, quasi che in nome di ideali superiori si possano trascurare i banali diritti previsti dalla legislazione dello Stato laico.
    Ma è sul piano culturale che la chiesa siciliana, come le sorelle del Meridione italiano, stenta ad allontanarsi dalla mentalità mafiosa che vede nel clientelismo, nelle raccomandazioni, nei favoritismi  la rete essenziale per costruire consenso sociale. Perfino in scuole cattoliche di prestigio ho constatato, in prima persona, raggiri e pressioni con lo scopo di conferire – a studenti decisamente immeritevoli – i diplomi a chiusura del corso di studi nelle medie superiori.
    Per evitare equivoci: questa miopia nel contrastare il sistema mafioso nella complessa articolazione della sua struttura infettante non è un’esclusiva del mondo cattolico. Ma, in una fase storica di abbassamento delle istanze etiche, sarebbe bello che i sedicenti cristiani evitassero di comportarsi esattamente come i concittadini, senza distanziarsi dalla media statistica né in peggio né in meglio.  Se l’andazzo deve restare mediocremente conforme alla maggioranza della società, i martìri di don Pino Puglisi e di don Peppe Diana risulteranno infruttuosi. E anche i papi, di oggi e di domani, potranno risparmiarsi trasferte troppo faticose per pastori ottuagenari.  

       Augusto Cavadi
   www.augustocavadi.com

    https://www.adista.it/articolo/60048                        

1 commento:

Vivere diversamente ha detto...

Augusto sono pienamente, d'accordo. Ma è anche ciò che dice da tempo don Cosimo Scordato e padre Stabile, entrambi miei ex prof alla Facoltà T S.
Mi pare che il card Pappalardo sulle ultime tue osservazioni sull'etica, e la prassi concreta, non abbia detto abbastanza. Stessa cosa i suoi successori. Timore di essere fraintesi? Ma dopo oltre 25 anni dalle stragi tante cose sono più chiare. Davvero chi ha orecchi per intendere...può intendere. Di certo i nostri politici continuano a non voler affatto sentire certi discorsi di semplice etica e buon senso.