Il barone parigino G. de Nervo, nel suo Viaggio in Sicilia 1833, attesta l’ammirazione per due spazi verdi attigui. Del primo, l’Orto botanico allora chiamato “il giardino della Flora”, afferma che si tratti del “più completo che esista in Sicilia, contiene più di quattromila piante esotiche o indigene” ed è “curato a meraviglia”.
Il
secondo spazio è la “Pubblica Villa Giulia” i cui “ombrosi viali”, pregni del
profumo di alberi di agrumi, sono puntellati dai “monumenti innalzati dai loro
concittadini in onore di Dione, di Archimede, di Pindaro, di Diodoro, di
Teocrito”. L’autore raccomanda ai visitatori di non essere “troppo indiscreti”
perché “è sotto le ombre misteriose di questo giardino che la bella palermitana
concede segreti incontri”.
A
dire il vero, non mi pare che Villa Giulia sia rimasta, anche per la mia
generazione, tra i luoghi romantici per eccellenza: più che ad abbracci
furtivi, la memoria va al pacifico, sornione, leone “Ciccio”, che per tanti
anni vi fu ospitato in una grande gabbia, per la gioia dei piccoli e a dispetto
di una coscienza animalista ancora immatura.
“Il
Gattopardo/Sicilia” , n.83, aprile 2025
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