mercoledì 31 agosto 2011

Restituire a Palermo il suo mare


“Repubblica – Palermo”
18.5.2011

COSA FARE PER RESTITUIRE IL MARE A PALERMO
Si può fare qualcosa per sciogliere uno dei tanti paradossi della nostra città, metropoli marittima senza mare? Un gruppo di “cittadini d’Europa, in quanto tali anche cittadini di Palermo, che, malgrado tutto, amano la nostra città” (si tratta dello stesso “Comitato per il centro storico” che una quindicina di anni fa ha liberato il Foro Italico) sta raccogliendo le firme per una lettera pubblica al sindaco e alle altre autorità competenti su “recupero e riqualificazione della costa cittadina”. L’iniziativa merita attenzione, e sostegno, per almeno due ragioni. La prima è di metodo: mentre i partiti litigano su tutto, tranne che sul futuro della città, dei ‘comuni’ cittadini si riuniscono per analizzare uno dei tanti aspetti della crisi sociale, elaborano una soluzione concreta, la regalano a chi ha il potere di trasformarla in realizzazione tangibile, invitano tutti i concittadini a conoscere questa proposta e a sostenerla con la loro partecipazione attiva. Un metodo democratico, insomma, non solo come etichetta inflazionata ma anche come motivazione di partenza e punto di arrivo.
La seconda ragione che rende meritoria questa iniziativa popolare è data dal merito, dai contenuti effettivi, di cui è veicolo. Non si chiede, infatti, una rivoluzione improvvisa e radicale (rispetto alla quale è sin troppo facile fare spallucce con un sorriso di sufficienza), bensì un intervento concreto e attuabile: una riqualificazione del pezzo di costa che va dal porticciolo di S. Erasmo alla foce del fiume Oreto. Si chiede un passo circoscritto, limitato, che potrebbe però diventare il primo di una lunga marcia per inserire il capoluogo di regione nel circuito delle città mediterranee (come Genova e Barcellona) che in questi decenni hanno saputo dare un colpo d’ali al proprio sviluppo urbanistico e, conseguentemente, culturale, turistico e economico. Il “sacco di Palermo” è stato consumato, grazie al patto d’acciaio fra mafiosi di provincia e borghesi di città accumunati dalla stessa sete di denaro, in anni in cui la coscienza civica - anche per ragioni di depressione economica – era anestetizzata. Ma oggi, nel XXI secolo, non abbiamo tutte gli elementi per capire che gli smodati interessi speculativi dei privati si risolvono in un disastroso danno pubblico? Non abbiamo le conoscenze per capire che non si possono continuare a riversare in mare illegalmente - come in un’immensa discarica - sfabbricidi e materiale di risulta degli sbancamenti, senza che né cittadini né forze dell’ordine né tanto meno amministratori intervengano a fermare lo scempio.
Cosa si tratterebbe di fare, più precisamente, in quella zona del litorale palermitano in cui Ciprì e Maresco ambientavano i loro surreali corti di “Cinico TV”? Liberarla dalla barriera di rifiuti, maleodoranti e tossici, che nascondono il mare a cittadini e turisti; in particolare, riattivare il porticciolo di Sant’Erasmo, senza cementificarlo e limitandosi a ripristinare la scogliera e le spiaggette (con qualche posto di ristoro in legno). Escludere, dunque, il progetto dell’attuale Autorità Portuale di creare un ampio porto – per il rimessaggio di 280 natanti – con gli alti rischi idrogeolici connessi. E’ il tentativo di replicare, da parte del “Comitato per il Centro Storico di Palermo”, il piccolo miracolo quando, sostenuto da circa 3000 aderenti tra cui i consoli di Francia e Germania, ottenne, dopo un’aspra battaglia, la rimozione di una “Luna Park” e di un mercato abusivo alla Marina. Infatti, la costa adiacente verso oriente, nonostante il piano regolatore ne preveda il recupero, giace ancora nel degrado più scoraggiante. Senza considerare le condizioni – su cui periodicamente tornano i riflettori, anche per merito della “Fiumana d’arte” di Antonio Presti – di quello che, con generoso sforzo d’immaginazione, si potrebbe continuare a chiamare fiume Oreto e della sua foce.
Potrebbe essere questa l’occasione per un sussulto di dignità della sonnolenta amministrazione comunale, in felice sinergia con pezzi responsabili dell’altrettanto sonnolenta società civile? Un’occasione preziosa per smentire la definizione dell’inferno proposta da un personaggio di Dacia Maraini: “Una specie di Palermo senza pasticcerie”.

Augusto Cavadi

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