domenica 30 marzo 2014

A scuola da Platone


“Centonove”, 28.3.2014


PERCHE’ SCEGLIERE SAVATER

     Perché, tra le migliaia di libri stipati negli scaffali di una biblioteca o di una libreria, ne scegliamo proprio uno a scapito di tutti gli altri? Ovviamente dipende dall’esigenza del momento. Può darsi che si voglia rispondere a una curiosità intellettuale o a una domanda esistenziale, può darsi che si cerchino istruzioni pratiche per il giardinaggio o si voglia vagare con la fantasia nel regno dei poeti…Nessuna di queste motivazioni giustificherebbe la lettura di questo libro di Fernand Savater, La scuola di Platone, Prefazione di S. Zampieri, Ipoc, Milano 2013 (tranne i casi, rarissimi, di cultori della storia dell’arte che vogliano saperne di più su La scuola di Platone, un quadro minore di un pittore minore a cavallo fra il XIX e il XX secolo).
      Può darsi, però, che qualche volta ci troviamo a sfogliare volumi e volumetti per desiderio di divertimento. O, addirittura, per bisogno di divertirci. Pane e acqua, istruzione e assistenza sanitaria, l’affetto sincero di qualche essere umano o animale, talora persino una tazzina di caffè al mattino, rientrano tra i bisogni unanimamente riconosciuti come naturali o per lo meno legittimi: ma non abbiamo anche l’esigenza, altrettanto ineludibile, di una dose giornaliera di allegria?
      E’ un luogo comune ripetere che per sceneggiatori e attori far piangere è meno difficile che far sorridere.  La spiegazione è intuitiva: alla tristezza ci inducono già le vicende quotidiane e gli acciacchi del corpo; per provare gioia  - o qualche altra emozione piacevole che le si avvicini – dobbiamo invertire la rotta e remare contro la corrente della vita. Come se ciò non bastasse, parafrasando un celebre incipit letterario, nella tristezza tutti i mortali ci assomigliamo ma, quanto all’umorismo, ognuno si rallegra a modo suo.
     Non voglio più, come si leggeva nei sillabari delle scuole elementari, menare il can per l’aia: questo libro di Savater – come la maggior parte delle cose belle della vita – non serve a nulla. Non si legge in vista di… : o ci diverte sin dalle prime pagine o è più sensato riporlo dove lo si è trovato. O si gode per il puro piacere di attraversare campi svariati (dalla storia alla filosofia, dall’arte alla psicologia…) o, se si è affezionati agli schemi abituali delle partizioni disciplinari, meglio lasciar perdere.
     Chi ha più probabilità di mettersi di buon umore alla lettura di queste pagine? Non certo chi riesce a divertirsi in comitiva solo se qualcuno racconta barzellette sguaiate o alimenta pettegolezzi  su personaggi alla moda. Savater qui ricorda piuttosto quegli avventori di osteria di una certa età che, tra un bicchiere e l’altro svuotato con signorile padronanza, raccontano a ruota libera esperienze passate, puntellando il racconto di divagazioni estemporanee, osservazioni ironiche, citazioni dotte più o meno verificabili, interpretazioni attendibili sino a un certo punto…E – perché no ? – che sono capaci, nell’apparente cazzeggiare, di inserire veri e propri stralci poetici (come il giovane Aristotele di queste pagine che così si rivolge a Platone: “Sei il mio maestro, sì, ma non il mio solo maestro. Io apprendo anche dall’uccellino e dai fiori, dagli astri, dalla mobile e curiosa natura. E aspetto il consenso degli altri uomini, le virtù che loro esaltano nei migliori o le costituzioni che si danno per organizzare la loro convivenza. Non mi sento esiliato dalla Città Ideale, ma cittadino adottivo delle strade e delle piazze di questo mondo, dei suoi boschi e delle sue caverne”) .
     Insomma questo libro è, secondo la definizione dell’autore stesso, “un intrattenimento riflessivo per cultori oziosi”. O, se si preferisce, un tipico libro da dilettanti. Scritto per diletto, va letto per diletto: se uno è così poco profondo da identificare serietà e seriosità, e così sfortunato da non saper uscire qualche volta dai propri ambiti di competenza professionale per il puro gusto del divertimento, farà meglio a non aprire questo libricino. E a rassegnarsi alla propria noia abituale.

Augusto  Cavadi
www.augustocavadi.com

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi hai convinto! Non voglio rassegnarmi alla mia noia abituale, fatta di tossi, raffreddori e bollicine.... Grazie della segnalazione, lo compro.