giovedì 11 dicembre 2014

NATALE DELLA CRISI, CRISI DEL NATALE


“Monitor” 5.12.2014

   

NATALE DELLA CRISI , CRISI DEL NATALE



      Natale si avvicina. E’ il natale della crisi (meno luci, meno addobbi, meno acquisti, meno regali), ma è anche un’ulteriore conferma della crisi del natale. E’ il natale della crisi perché arriva in una fase economica di stagnazione e, quel che è più grave, di rimedi sbagliati: chi ha capitali, se li tiene più stretti di prima (evitando di investire e di rischiare) e perfino lo Stato (immemore dei suggerimenti di Keynes accolti da Roosvelt per superare l’altra crisi comparabile a questa nostra attuale, la crisi successiva al crollo di Wall Street del 1929) tende a spremere ulteriormente le tasche dei cittadini invece di tagliare seriamente gli sprechi e di investire in lavori pubblici indispensabili (a cominciare dalla salvaguardia del suolo).

      Questa depressione economica, che per tanti versi esonda nel tessuto sociale e nella stessa struttura psicologica della gente, non sarebbe così preoccupante se non si intrecciasse con la crisi del natale: con la crisi, intendo, di quei valori cristiani (ma, in ultima analisi, squisitamente umani) di cui il natale dovrebbe essere simbolo. Nelle fasi come l’attuale l’unica via d’uscita sarebbe esattamente quella a cui quasi nessuno sta facendo riferimento nel dibattito pubblico: la revisione critica dell’impianto borghese-capitalistico delle società occidentali (e, in particolare, dell’Europa dei banchieri e degli avventurieri di Borsa).

      Tranquilli! Nessuno (per lo meno, non io) sta invocando il comunismo marxista né ancor meno la rinascita del leninismo sovietico. Esso ha dimostrato di essere una terapia sbagliata che ha stroncato, insieme ai virus, anche il malato. Ma se una terapia fallisce, non significa che la malattia fosse illusoria: significa, dovrebbe significare, che bisogna sperimentare terapie alternative.

      La società borghese-capitalistica, tutta centrata sul primato dei diritti individuali e dimentica dei doveri verso la collettività; sulla ricerca del profitto progressivo e dimentica del gusto della condivisione solidale; sullo sfruttamento dei dipendenti, dei clienti più ingenui, degli stessi azionisti di minoranza e dimentica delle esigenze minime di giustizia e legalità…questa società borghese-capitalistica è malata. Non va certo azzerata a colpi di bombe (né interne né importate dai fanatismi sedicenti islamici), ma neppure venerata come perfetta e immodificabile.

      Lo so, non è facile trovare le alternative dopo il crollo del “socialismo reale”; ma se non le cerchiamo neppure, se non proviamo a ipotizzarle e sperimentarle, ci condanniamo da soli al “tramonto dell’Occidente”. Romano Prodi – che non è né un genio né un santo, ma che è stato onorato dell’attacco convergente della Destra più corrotta e della Sinistra più irresponsabile sino alla sua dignitosa uscita  dalla scena politica – parlava già venti anni fa della necessità di “un capitalismo ben temperato”. Temperato dal solidarismo cattolico, dal socialismo democratico, dallo stesso liberalismo originario che prevede il rispetto delle regole del gioco fra gli attori economici e finanziari (senza favoritismi clientelari né da parte dello Stato né da parte delle mafie in esso più o meno infiltrate).

     Tocco temi delicati. Venerdì 12 dicembre sarò felice di riprenderli e approfondirli con chi vorrà intervenire all’aperitivo filosofico per non…filosofi che l’associazione “La Calendula” organizza alle 20,20 presso il ristorante “Angelino” di Trapani (in via Ammiraglio Staiti, 28).

       Augusto Cavadi



1 commento:

Maria D'Asaro ha detto...

Ottime riflessioni. Le ho anche condivide su FB.