lunedì 11 giugno 2018

BRUNO VERGANI SUL DIBATTITO BIUSO-FRANCESCHELLI A PROPOSITO DI NIETZSCHE

Al Festival nazionale della filosofia d’a-mare per non filosofi (di professione) svoltosi la scorsa settimana a Castellammare del Golfo, ho partecipato al dibattito pubblico fra i filosofi Alberto Giovanni Biuso e Orlando Franceschelli, tema : «La volontà di potenza in Nietzsche: cosa mi convince, cosa non mi convince».
Entrambi i relatori hanno motivato la grandezza di Nietzsche, filosofo della vita e della libertà metafisica nella dionisiaca interiorizzazione dell’universo, abbraccio che tutto benedice, dimensione altra che ci proietta oltre noi stessi liberandoci.
In alcuni passaggi nei quali Biuso ha citato Nietzsche l’effetto benedicente, per quanto e grazie a come proferito, è stato - almeno per il sottoscritto - avvertibile  fisicamente; una sorta di  perlocuzione[1], in altre citazioni irrompeva una finezza mozzafiato come quando Nietzsche dice tutta la storia dell’umanità, incipit, svolgimento, epilogo, nelle tre righe che seguono:
«In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della ”storia del mondo”: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.»[2].
Ma veniamo ora alle differenti vedute dei relatori. Per Biuso il pensiero di Nietzsche, se visitato e affrontato nel modo giusto[3], merita onore e genera libertà, mentre Franceschelli ha esposto e motivato con pacata intransigenza radicali perplessità sul tema della Volontà di Potenza e sulla conseguente trasvalutazione di tutti i valori, riserve che provo a condensare mettendoci del mio[4]:
nell’esaltare e glorificare un (presunto) nucleo di Volontà-Potenza nella struttura ontologica della natura - ricordo che qui stiamo parlando di una natura sprovvista di Creatore, o di un Dio che fa tutt'uno con la natura[5] - risulta, sì, evidente che la natura sia mossa da energie e potenze dove la più forte e perfetta può sopraffare la più debole e malriuscita - osservo: sovente ma non sempre (vedi omeostasi, neuroni specchio, ecc.) -  ma che la natura sia intimamente costituita e vitalizzata da una qualche volontà (di chi mai?) appare una forzatura, una inoculazione operata da Nietzsche ma estranea alla natura; una facoltà squisitamente umana proiettata sulla natura.
Nella storia della Filosofia il concetto di volontà ha avuto numerose e differenti interpretazioni, talora la volontà è stata vista subordinata all’intelletto, talvolta invece vista superiore ad esso, in ogni caso per gli uomini di pensiero che ci hanno preceduto, come peraltro nel sentire comune, l’atto di volontà per costituirsi e attuarsi necessita di un soggetto pensante (uomo, Dio), o perlomeno senziente, e di un fine (piacere, scopo); un qualcuno che da qui (non necessariamente un punto-luogo fisico o temporale) intende, desidera, andare là, o che una cosa adesso così dopo (futuro) sia cosà, in tal senso una volontà assolutamente cieca è un ossimoro: se c'è volontà c'è imputabilità (libertà). Tutto questo fino a Schopenhauer che viceversa proclama, guardando a Oriente, una Volontà di vivere che non solo permea gli umani corpi nel loro innato e riscontrabile tendere al piacere e a perdurare, invece che al soffrire e perire. Il punto è che per Schopenhauer tale Volontà struttura, oltre ai nostri corpi, tutto l’esistente, inorganico incluso. Volontà, dunque, radice noumenica della realtà. Mai visto una pietra costituita non solo dalla energia che gli fa girare gli elettroni dentro, ma da pura Volontà? Lo sciamanesimo la vede da sempre e così numerosi filoni del pensiero orientale, dalle nostre parti solo qualcuno dopo Schopenhauer. Nella proclamazione della nicciana Volontà di potenza possiamo, quindi, scorgere una sorta di deificazione-antropomorfizzazione della natura enunciata da Schopenhauer. Agli antipodi di Nietzsche, Schopenhauer esorterà a scendere dal treno in corsa del nostro universo mentre Nietzsche a prenderne il timone, ma il territorio filosofico e narrativo dove ci muoviamo è il medesimo, o perlomeno contiguo.
Karl Löwith annota nella Volontà di Potenza di Nietzsche un atto reattivo, e proprio per questo specularmente intimo, al cristianesimo storico. Ricordo Cioran che consapevole di tale possibile specularità commentava il suo velenosissimo dire di Dio così: «Il sarcasmo con cui l’ho glorificato», edificio opposto ma costruito con mattoni di uguale sostanza. Per quanto ho compreso Löwith pur cogliendo il pensiero sorgivo, autorale, di Volontà-Potenza enunciato da Nietzsche, ne individua al contempo l’origine reattiva (anticristiana); concezione derivante da processi storici e sociali, nella fattispecie dalla morale cristiana espressa nella storia della Chiesa, specialmente protestante, nei confronti della quale Nietzsche si poneva-opponendosi nel suo tempo, insomma una costruzione con tratti parodici avente una precisa e individuabile genesi ontologico-sociale (Lukács, Preve), più stimolata da pastori moralisti che da un ancestrale Dioniso danzante. In effetti il concetto di Volontà non trova particolare rilievo nella grecità classica e diviene invece determinante nella Scolastica medievale.
Non so se, come ammonisce Franceschelli, coloro che oggi hanno potere sul mondo, o lo avranno in futuro, possano o potranno perpetrare violenze stimolati e giustificati da una interpretazione letterale della ottocentesca nicciana Volontà di Potenza, così da bastonare con soddisfazione cosmica il subalterno che gli capita a tiro. La conoscono tale Volontà-Potenza? E' la concezione di Nietzsche a traboccare di insidie oppure fanno tutto da soli perché il male è insito nell'uomo? La visitano? Per fiumi carsici può, o potrà, forse riapparire? Sanno chi ne è il padre? Nel frattempo teniamoci cara la sua benedizione.

                                                                                   BRUNO VERGANI
http://www.brunovergani.it/item/4387-bigino,-festival-della-filosofia-d%E2%80%99a-mare-nietzsche.html#.Wx6cgKnOM_U
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1 Per saperne di più un giro su Wikipedia: «Teoria degli atti linguistici».
2 Incipit «Su verità e menzogna in senso extramorale, in La filosofia nell'epoca tragica dei greci e Scritti dal 1870 al 1873», traduzione di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 2006.
3 Tematica che Alberto G. Biuso ha sviluppato puntuale nel suo saggio «Nomadismo e benedizione. Ciò che bisogna sapere prima di leggere Nietzsche», Di Girolamo, 2006.
4 Problematica che Orlando Franceschelli ha affrontato esaurientemente nel suo ultimo saggio «In nome del bene e del male - Filosofia, laicità e ricerca di senso.», Donzelli Editore, 2018.
5 «E dico Dio totalmente infinito, perché tutto lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente.» (G. Bruno, Dialoghi metafisici, Firenze, Sansoni 1985).

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