mercoledì 5 dicembre 2018

I FURBETTI DELL'ASSESSORATO REGIONALE: SOLO PUNTA DI UN ICEBERG

    “Repubblica – Palermo”

5.12.208

IL “FURBETTO”  CHE E’ IN CIASCUNO DI NOI

Che anche sullo scandalo degli assenteismi fraudolenti all’Assessorato regionale alla Sanità occorra dare alla magistratura il tempo necessario per valutare caso per caso, è fuori discussione. Ma intanto alcune considerazioni s’impongono senza ritardi.
      Prima: la società civile non è peggiore, ma neppure migliore, del ceto politico che elegge a rappresentarla nelle istituzioni. L’unica differenza tra una buona percentuale di cittadini e la sua quota proporzionale di esponenti politici è che i primi rubano poco perché hanno meno occasioni dei secondi: ma ognuno, nel suo piccolo o nel suo grande, fa quel tanto che può.
       Seconda considerazione: se i dirigenti apicali dell’Assessorato non sapevano, sono degli incapaci; se sapevano e tacevano, sono dei complici. In entrambi i casi – al di là dei cavilli legalistici per cui, in quanto dirigenti, non avevano obblighi di cartellini – vanno sanzionati in maniera esemplare dai responsabili della politica regionale prima ancora che dalla magistratura. Senza contare, poi, che sarebbe molto triste se, appartenendo alla fascia sociale alto-borghese dei magistrati che indagano e che dovranno giudicare, dovessero ricevere un trattamento di favore.
      Terza considerazione: parte offesa da simili comportamenti assenteistici sono quei cittadini che, con le proprie tasse, pagano gli stipendi di questi dipendenti senza averne un ritorno adeguato in puntualità ed efficienza nei servizi. Ma, in particolare, sono i tanti cittadini – giovani e meno giovani – che si trovano disoccupati (o sottoccupati) solo perché non avevano le conoscenze “giuste” per essere assunti da Mamma Regione. Chi ha compiti e poteri in questi campi dovrebbe ricavare dalle cronache, per nulla imprevedibili, di questi giorni una forte sollecitazione a cambiare stile e a selezionare il personale degli uffici pubblici sempre meno per appartenenze partitiche o sindacali e sempre più per meriti documentabili. E ciò esigerebbe che anche le scuole medie superiori e le università evitassero di regalare diplomi e lauree per malintesa compassione verso studenti che, per scarso impegno oltre che per modestia di doti intellettuali, non li meritano ma finiranno lo stesso con lo scavalcare nelle graduatorie per incarichi pubblici i compagni più dotati e soprattutto più capaci di dedizione al lavoro. 
      Insomma, la comprensibile indignazione emotiva di questi giorni, amplificata dalle condivisioni via Facebook ma destinata a raffreddarsi con l’incalzare dei prossimi scandali, ha senso solo se viene interpretata criticamente per quello che è: lo smascheramento di un modo di concepire la vita, l’etica e la socialità che non appartiene esclusivamente a cinquecento indagati. Sono infatti la punta di un iceberg di cui tutti gli altri, più o meno, costituiamo la base sommersa. Quando in un punto qualsiasi del corpo scoppia un bubbone, solo un organismo sciocco può indignarsene eccitato senza sospettare una malattia più radicale e più diffusa. 

         Augusto Cavadi
  www.augustocavadi.com

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