lunedì 10 maggio 2021

SANT'AGATA VERSUS SANTA ROSALIA? 'APPASSIONANTE' DERBY CATANIA - PALERMO


 “IL GATTOPARDO”

APRILE 2021

 

UN RAVE PER LA SANTA

 

Come in tutte le regioni del mondo, anche in Sicilia vigoreggiano ataviche competizioni fra un quartiere e l’altro, un comune e un altro. In certi periodi storici questi conflitti raggiungevano livelli preoccupanti: a Mezzojuso, ad esempio, dove le processioni pasquali - celebrate un giorno dai cattolici di rito latino e un altro dai cattolici di rito greco – venivano scortate da bande mafiose rivali per proteggerle da azioni di disturbo dei fedeli dell’altra confessione. Ai nostri giorni questi conflitti si sono quasi del tutto assopiti: sopravvivono più come occasione di barzellette che per convinzione. (L’evoluzione mentale si è arrestata allo stadio tribale solo nel mondo del foot-ball: là ancora si odia davvero per ridicole questioni di campanile).

  E’ dunque per divertimento che è stato scritto un recente libretto di Ottavio Cappellani - La Sicilia spiegata agli eschimesi (e a tutti gli altri) - che evoca in più passaggi la rivalità più tipica fra siciliani: fra la capitale amministrativa e culturale, Palermo, e la capitale industriale e commerciale, Catania. L’autore è simpaticamente schierato dalla parte dei catanesi: “E’ necessario sottolineare che, pur nella differenza tra Sicilia orientale e Sicilia occidentale, esiste un’unica e sola e splendente ed eterna Sicilia. Quella orientale. La Sicilia occidentale, i palermitani per intenderci, non sono siciliani. Sono un po’ africani e un po’ sardi. I greci a Palermo non sono mai arrivati, e questo li pone fuori da qualsiasi geopsichica occidentale. C’è chi si indigna, ma non è colpa mia, è colpa dei palermitani: all’epoca della dominazione ellenica in Sicilia, i palermitani erano alleati dei cartaginesi e hanno respinto i greci. Non a caso è stata scelta Palermo come capoluogo siciliano: i palermitani sono storicamente pronti a vendersi a un alleato sbagliato, e sono anche profondamente confusi”.

E’ proprio perché smaccatamente filo-catanese che l’autore può permettersi di raccontare la festa di sant’Agata a tinte fosche, come un non-catanese non potrebbe mai permettersi: “Non voglio scherzare coi santi, ma la festa di Sant’Agata a Catania è una cornucopia di paganesimo, carnalità, superstizione, sadomasochismo, sessualità sfrenata, cannibalismo, droghe, libertinismo e follia collettiva. È un rave intitolato a una divinità dionisiaca. In Sicilia è possibile assistere a un baccanale in nome di una santa assurta a tale condizione per la sua purezza”.

 Io, da buon palermitano, apprendo e taccio. Medito sul miracolo della ‘mia’ santa Rosalia: per i due giorni del Festino nessuna “follia collettiva”. Di solito, infatti, ci bastano gli altri 363 giorni.

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

2 commenti:

gabriella ha detto...

molto divertente!

Annamaria Pensato ha detto...

Carissimo Augusto , ho letto con piacere misto a divertimento il tuo articolo su Sant'Agata dove riporti i rituali per festeggiare la Santa protettrice di Catania e la forte contraddizione che la contraddistingue, lì dove - in nome di una santa assunta a tale condizione per la sua purezza - si organizzi una festa piena come una cornucopia di paganesimo, sessualità sfrenata libertinismo e follia collettiva, così come la racconta il catanese Ottavio Cappellani, nel suo libretto "La Sicilia spiegata agli eschimesi".Libretto che ho letto e che ho trovato particolarmente ironico e dissacrante nei confronti di se stesso e dei suoi siculi conterranei.
Poi, tu mediti sulla differenza dei festeggiamenti palermitani per la Santuzza e concludi che per il Festino "nessuna follia", almeno in quei giorni.
Adesso, non perchè io voglia competere con il paganesimo catanese, ma a proposito di contrasti, che sappiamo esaltano le forme.... a me è venuta in mente la celebrazione di Santa Lucia nel contesto palermitano, il cui legame nasce nel 1646 quando la Santa con un miracolo liberò la città dalla carestia, facendo arrivare al porto un bastimento carico di grano. Da allora, a Palermo per ricordare quel giorno, si fa un voto di digiuno, ovvero non si mangiano prodotti composti da farina: pertanto in ossequio a tale digiuno si mangiano arancine alla carne ed al burro, gateau ovvero grattò di patate, panelle e crocchè, sformati di riso con condimenti vari e dulcis in fundo, sua maestà, la cuccia alla ricotta o al cacao.Dopo tutto ciò, niente sesso sfrenato, ma vuoi mettere l'emozione di concludere in bellezza la giornata con una visita per intossicazione acuta al pronto soccorso?
Anna, la commare