martedì 31 maggio 2022

QUANDO LA PATRIA DEGLI ITALIANI ERA IL MONDO INTERO


 GLI ITALIANI EMIGRANTI: NON SEMPRE BRAVA GENTE

I cadaveri in pozze di sangue suscitano sdegno verso la mafia. Sono le uniche vittime?  No. L’intreccio fra mafiosi e ceti dirigenti corrotti , da più di un secolo, sta decapitando la Sicilia (e un po’ tutto il Meridione italiano) dei suoi figli più intraprendenti.   Già nella Sicilia feudale di fine Ottocento, sistemicamente ingiusta, alcuni fra i più coraggiosi si ribellano (i “Fasci siciliani”), ma soccombono: l’alleanza fra politici nazionali (che mandano l’esercito) e latifondisti siciliani (che arruolano cosche mafiose)  reprime duramente i moti rivoluzionari costringendo i più dotati fra le nuove generazioni a emigrare. La Sicilia, già povera,  ne risulta impoverita. L’impoverimento aggravato suscita, lungo il Novecento, altri tentativi di rivolta (per esempio dopo la Seconda guerra mondiale) che suscitano nuove feroci repressioni che suscitano nuove ondate emigratorie che impoveriscono ulteriormente la Sicilia. La ruota infernale gira sino ai nostri giorni: imprenditori che pagano in nero, docenti universitari che calpestano il criterio del merito nella cooptazione dei successori, mafiosi che falsificano le carte in ogni partita che prevederebbe regole certe, funzionari dello Stato che – per interesse o per paura – non perseguono né imprenditori evasori né docenti corrotti né mafiosi in servizio permanente effettivo. Questa situazione di intollerabile ingiustizia sistemica provoca continue emorragie dei cervelli migliori; queste emorragie lasciano campo libero ai peggior arrivisti maneggioni; il regime degli arrivisti maneggioni incrementa la fuga dei migliori. Ormai il meccanismo è rodato e, quel che è peggio, si rischia di rassegnarvisi come a cicli di calamità naturali. 

Queste considerazioni affiorano spontaneamente leggendo libri come Nostra patria è il mondo intero. 150 anni di emigrazione siciliana, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2021, firmato da Giuseppe Oddo e Nicola Grato, in  cui la storia dell’emigrazione siciliana è letta come ambivalente esodo di minoranze criminali e di maggioranze encomiabili che hanno fatto fortuna altrove e che hanno contribuito alla fortuna degli Stati che le hanno (sia pur strumentalmente e crudelmente) accolte. Minoranze criminali: dalla Sicilia, e in minor misura da varie regioni italiane, sbarcavano In Tunisia, in Francia e soprattutto negli Stati Uniti d’America «preti, falliti, bancarottieri, truffatori e ladri. Né capaci né desiderosi di prestare la loro opera come “scavafosse”, costoro vivevano di espedienti dettati dal proprio ingegno. Nei casi [...] meno virtuosi divennero invece “padroni”, estorsori e criminali. La mano nera e la mafia furono opera loro” (pp. 54 – 55).

Maggioranze encomiabili: come accade oggi in Italia a causa delle organizzazioni mafiose albanesi o nigeriane, le punte criminali dell’iceberg gettavano ombra e discredito nella molto più consistente massa, semi-sommersa, di italiani, e anche siciliani, che erano le prime vittime dei connazionali delinquenti, dal momento che sbarcando trovavano facilmente un “boss” disposto a fungere «da mediatore fra gli immigrati disorientati e quel paese così estraneo»; da «agente di lavoro» al servizio degli «appaltatori» locali; da «mediatore politico» che «scambiava i voti dei lavoratori con posti di lavoro nelle opere pubbliche».  Era lo stesso soggetto che «si faceva pagare a caro prezzo l’alloggio (spesso una sistemazione di fortuna nei vagoni merce o in baracche), il cibo, i vestiti, gli utensili» e talora, «divenuto depositario dei risparmi dei lavoratori, e perciò soprannominato banchista, scappava con il denaro accumulato» (p. 54). . Nonostante queste condizioni di vita inizialmente frustranti, in maggioranza gli immigrati – secondo un osservatore dei primi del Novecento - «alla frugalità nel vivere uniscono onestà, correttezza, sobrietà, e così dotati non possono fare a meno di trionfare in tutti i campi dove si esplica l’attività umana» (p. 59). La conferma : “nei casi migliori diventarono giornalisti, insegnanti, impiegati, notai, e persino pastori protestanti” (p. 55). Così, in genere, venivano tanto “apprezzati” quanto “odiati e vilipesi da altri” – come gli irlandesi – che vedevano “in essi dei concorrenti pericolosi” (p. 59). 


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1 commento:

Mauro Matteucci ha detto...

Bellissima la tua recensione del libro sull'emigrazione italiana. Mi ha fatto ricordare anche quando mio nonno emigrava come stagionale in Svizzera per riscattare il podere che lavorava come mezzadro. Grazie!