domenica 9 agosto 2020

"LA VISITA" DI MARCELLO BENFANTE

SOGNI E REALTA' NEL LABIRINTO DEGLI STRAZI  DELLA STORIA

 

Il 20 giugno di quest’anno Eugen Drewermann ha compiuto ottant’anni. Da giovane era stato ordinato prete, ma la Chiesa cattolica l’ha ridotto allo stato laicale perché aveva scritto troppi volumi di esegesi biblica in base al principio che le Scritture sacre (non solo quelle ebraico-cristiane) vanno interpretate come fossero sogni. Non teorie filosofiche, non dati storici, non spiegazioni scientifiche, ma immagini oniriche prodotte dall’incrocio fra archetipi collettivi ed esperienze biografiche individuali. Me ne sono ricordato in queste ore leggendo il prezioso testo di Marcello Benfante, La visita (Qanat, Palermo 2020, pp. 84, euro 12,00), nel quale è citata una tesi di Borges (“i sogni costituiscono il più antico e non il meno complesso genere letterario del mondo”) e in cui l’autore arriva a ipotizzare che i sogni possano costituire “la notizia portata da un messaggero solerte che giunge da remotissimi e imperscrutabili confini per metterci in comunicazione con Dio. O con la morte (che è poi la stessa cosa, poiché vivere è fuggire scompostamente e sconsideratamente da Dio, dal suo richiamo, finché possiamo. Finché la morte non ci riunisce e riconduce all’ordine)”.

Il memoir è costruito a partire da un sogno nel quale Benfante incontra il defunto zio Mimmo, soldato italiano finito – durante la Seconda guerra mondiale – in un lager nazista, “cuore di tenebra del male assoluto”, da cui, in un certo senso, non uscirà mai più, come Primo Levi: “dal labirinto del lager non si esce mai, anche se si è sopravvissuti al Minotauro, anche se si è potuto spiccare il volo con le ali di Dedalo”. Ma la figura, autorevole e benevola, dello zio evoca - nella memoria e nella scrittura nitida se pur elegante dell’autore – figure non meno care: dal padre, negli stessi anni prigioniero dei britannici in India, allo zio Gianni, “aedo e giullare, agiografo e cuntista della nostra famiglia” che “un principio di congelamento al piede” sottrasse, appena in tempo, “all’algido inferno russo, dove la morte era pressoché scontata”. Il fascismo disseminò i figli della tanto decantata patria nei cimiteri e nelle prigioni di mezzo mondo: più assurdo di quell’assurdo almeno due altri fenomeni storici. 

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1 commento:

Maria D'Asaro ha detto...

Interessante e intrigante. Grazie.