sabato 20 marzo 2021

IL VESCOVO CATTOLICO DELLA DIOCESI DI ANVERSA (BELGIO) A PROPOSITO DELLA DICHIARAZIONE SULLE COPPIE OMO: "MI VERGOGNO"


 Il mio articolo dell'altro ieri su "Repubblica-Palermo"

 (https://www.augustocavadi.com/2021/03/lamore-fra-omosessuali-ha-bisogno-della.html) 

ha suscitato, del tutto legittimamente e prevedibilmente, non solo consensi, ma anche dissensi. 

Fra i primi segni di approvazione il w'app di una mia nipote assai cara che vive a Roma da anni: "Augusto caro, grazie per questo articolo bellissimo: il tuo punto di vista rende più leggero l'animo e può tranquillizzare  molti tormenti che alcun* mie amici e amiche stanno vivendo a causa di questa dichiarazione della Chiesa, più per quanto questa influenzi l'opinione pubblica che per altro.Molti di loro poi stanno insieme o hanno le così dette 'storie' con preti del Vaticano, o vengono coinvolti in festini lì dentro, quindi a maggior ragione sono amareggiati di fronte alla Dichiarazione ufficiale  rilasciata.Ma questa credo sia una storia vecchia secoli e tu la conosci benissimo. Intanto abbraccio forte forte te e Adriana e vi auguro buona primavera (quest'anno comincia oggi, il 20)".



A quanti, invece, hanno espresso dissenso    - nessuno di loro, a quanto mi risulta, ha mai seguito corsi regolari di studi teologici (come notava Hegel per la filosofia, ci sono campi in cui ritiene di potersi pronunziare con certezza anche una persona che se ne guarderebbe bene se si parlasse di cucina e non fosse cuoco o di scarpe e non fosse calzolaio) -  giro volentieri questa lettera pubblica del vescovo della diocesi cattolica di Anversa (Belgio):

"Nell’ottobre 2015 ho partecipato al Sinodo sul matrimonio e la famiglia in rappresentanza dei vescovi del Belgio. Ho ascoltato i vescovi in aula e nei corridoi, ho sentito tutti i discorsi, ho partecipato alle discussioni di gruppo e alla stesura degli emendamenti per il testo finale.

Il 15 marzo 2021 la Congregazione per la dottrina della fede ha risposto negativamente alla domanda se le unioni omosessuali possono essere benedette. Come mi sento dopo questo responsum?

Male. Provo vergogna per la mia Chiesa, come ha detto ieri un prete. E soprattutto, provo vergogna intellettuale e morale. Voglio chiedere scusa a tutti coloro per i quali questa risposta è dolorosa e incomprensibile: le coppie omosessuali credenti e impegnate nella fede cattolica; genitori e nonni di coppie omosessuali e dei loro figli; operatori pastorali e accompagnatori di coppie omosessuali. Il loro dolore per la Chiesa è oggi il mio dolore.

Il responsum manca di cura e attenzione pastorale, di fondamento scientifico, della sfumatura teologica e della precauzione etica che erano presenti nei padri sinodali che hanno approvato le conclusioni finali del Sinodo. Qui è all’opera un diverso processo di consultazione e di decisione. A titolo di esempio, vorrei citare solo tre passaggi.

In primo luogo, il paragrafo nel quale si afferma che nel piano di Dio non c’è la minima possibilità di somiglianza e nemmeno di analogia tra il matrimonio eterosessuale e quello omosessuale. Conosco personalmente coppie dello stesso sesso, sposate civilmente, con figli, che sono famiglie calde e stabili e sono attivamente coinvolte nella vita della loro parrocchia.

Alcuni di loro sono anche attivi a tempo pieno come assistenti pastorali o responsabili in varie aree della vita della Chiesa. Sono particolarmente grato a loro. Chi potrebbe negare che non c’è alcuna somiglianza o analogia con il matrimonio eterosessuale? Al Sinodo la falsità fattuale di una simile posizione è stata ripetutamente sottolineata.

In secondo luogo, il concetto di “peccato”. I paragrafi finali tirano fuori l’artiglieria morale più pesante. La logica è chiara: Dio non può approvare il peccato; le coppie omosessuali vivono nel peccato; quindi la Chiesa non può benedire la loro relazione.

Questo è esattamente il linguaggio che i padri sinodali non hanno voluto usare, sia in questo che in altri casi sotto il titolo generale di situazioni cosiddette “irregolari”.

Questo non è il linguaggio di Amoris laetitia, l’esortazione di papa Francesco del 2016.  Il “peccato” è una delle categorie teologiche e morali più difficili; e quindi una delle ultime a dover essere applicata alle persone e al modo di condividere la loro vita. E certamente non va fatto su categorie di persone in generale.

Ciò che le persone sono disposte e capaci di fare, in questo preciso momento della loro vita, con le migliori intenzioni che hanno per sé stesse e per i loro cari, davanti al Dio che amano e che le ama, non è una questione semplice da definire. In effetti, la teologia morale cattolica classica non ha mai affrontato queste questioni in modo così semplice. O tempora, o mores!

Infine, il concetto di “liturgia”. Questo mi mette ancora più in imbarazzo come vescovo e teologo. A causa della loro relazione, le coppie omosessuali non sono degne di partecipare alla preghiera liturgica o di ricevere una benedizione liturgica. Da quale nascondiglio ideologico è uscita questa affermazione sulla “verità del rito liturgico”?

Di nuovo, questa chiaramente non era la dinamica del Sinodo. Si è parlato ripetutamente di rituali e gesti appropriati per includere le coppie omosessuali, anche in ambito liturgico. Certo, questo rispettando la distinzione teologica e pastorale tra un matrimonio sacramentale e la benedizione di una relazione.

La maggioranza dei padri sinodali non ha optato per un approccio liturgico in bianco e nero, o un modello tutto o niente. Al contrario, il Sinodo ha dato l’impulso per esplorare con giudizio le forme intermedie, che rendono giustizia sia all’unicità di queste persone sia alla particolarità della loro relazione.  La liturgia è la liturgia del popolo di Dio, e anche le coppie dello stesso sesso appartengono a questo popolo.

Inoltre, sembra irrispettoso affrontare la questione di un’eventuale benedizione di coppie dello stesso sesso a partire dai cosiddetti sacramentalia o dei rituali di benedizioni, in cui è prevista anche la benedizione di animali, automobili ed edifici.

Un approccio rispettoso al matrimonio omosessuale può avvenire solo nel più ampio contesto del rito del matrimonio, come una possibile variazione sul tema del matrimonio e della vita familiare, con un onesto riconoscimento sia delle somiglianze sia delle reali differenze.

Con le sue benedizioni, Dio non è mai stato avaro o sospettoso. Egli è nostro Padre. Questo era l’approccio teologico e morale della maggior parte dei padri sinodali.

Insomma: nel presente responsum non trovo le linee principali – così come le ho vissute – del Sinodo dei vescovi del 2015 su matrimonio e famiglia. Si tratta di un danno per le coppie omosessuali credenti, le loro famiglie e i loro amici. Sentono di non essere stati trattati in modo sincero e onesto dalla Chiesa. Le reazioni in questo senso ci sono già.

È anche deplorevole per la Chiesa. Questo responsum non è un esempio di cammino comune. Il documento mina la credibilità sia della “via sinodale” fortemente voluta da papa Francesco, sia dell’anno dedicato alla ripresa di Amoris laetitia. Il vero Sinodo vuole sollevarsi?

Johan Bonny

vescovo di Anversa "

1 commento:

Augusto Cavadi ha detto...

Su "Il giornale di Sicilia" un intervento di don Cosimo Scordato e di don Franco Romano:
"E' stato pubblicato il Responsum della Congregazione per la Dottrina della fede a un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. Il passaggio principale:
"Sono compatibili con l'essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni (di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore). Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni o a partenariati anche stabili che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio, com'è il caso delle unioni tra persone dello stesso sesso". Così il Responsum.
Per noi non è un fatto naturalistico che qualifica la vita, piuttosto è l'amore che dà qualità alla relazione tra due persone, eterosessuali o omosessuali o altro ancora. L'appello alla Scrittura andrebbe fatto nel suo punto culminante che è la rivelazione di Gesù Cristo, il quale ha inteso ricapitolare tutta la Legge e i Profeti nel comandamento dell'amore di Dio, degli altri e di se stessi. L'amore è il punto più alto della rivelazione perché coincide con l'autorivelarsi di Dio, che in se stesso è comunione di Amore e verso la creazione vuole parteciparsi come amore, seppure nelle forme più varie della complessa esistenza umana. A noi sembra che sullo sfondo del Responsum ci sia il non riconoscimento che l'amore fra due omosessuali sia possibile; il che è veramente offensivo dell'esperienza di tante persone, anche credenti, che vivono nella loro esistenza il dono del partner come grazia di Dio. Perché non dare ascolto all’esperienza delle persone concrete, alle loro storie di vita e di amore? Che poi questo amore sia anch'esso aperto alla vita lo dice con evidenza il desiderio di tante coppie omosessuali, che vorrebbero dare spazio a dei bambini anche da adottare.Inoltre, l'espressione "prassi sessuale" linguisticamente rischia di tradire la grave ambiguità di pensare l'atto sessuale tra due organi, per lo più ordinati alla riproduzione, e non la gestualità dell'amore tra persone nella loro tensione gioiosa, oblativa e comunicativa.Ma, se fra tante Chiese si stanno diffondendo prassi di autentica accoglienza dei fratelli omosessuali e delle sorelle lesbiche nella normalità della loro relazione, il negare la benedizione non rischia di mortificare, se non proprio offendere, questa nuova consapevolezza ecclesiale? Il Responsum, dietro le dolcificanti ammissioni, ha tutto il sapore di un rifiuto nei confronti di persone, che vorrebbero vivere il loro amore nella normalità e invece vengono giudicati come espressione del disordine, dell'innaturale e del contro natura. Se Gesù condanna chi dice stupido al fratello, che cosa dovrebbe dire quando di una persona, che si è trovata così come è, viene affermato che è uno sbaglio della natura? L'eterosessuale fa parte della creazione e l'omosessuale è una creatura sbagliata di Dio? Dal nostro punto di vista, riteniamo maturo il tempo (anzi siamo in netto ritardo) che finalmente venga ridimensionata la tematica della sessualità; essa spesso ha consentito alla Chiesa un arbitrario ius in corpus, ovvero il potere sul corpo delle persone mentre ha distolto l'attenzione dai problemi mondiali della convivenza pacifica, della perequazione dei beni e dell'equità, come sta cercando di recuperare papa Francesco. Inoltre, sul tema della omosessualità va assecondata la posizione della Organizzazione mondiale della sanità, che la considera una variante (normale) del comportamento umano. Così un pensiero nuovo rispetto al passato si sta facendo strada, rispettoso di ogni persona come capace di amore anche nelle coppie omosessuali; e questo è bene dirlo (bene-dirlo, appunto!). Diversamente, fa bene il Vangelo a ricordarci che non si uccide solo con le armi; si può ferire, e mortalmente, anche con le parole e il cattivo pensare!