mercoledì 3 marzo 2021

LA MAFIA E' DEFUNTA ? HO QUALCHE FONDATO DUBBIO...


 

“Repubblica- Palermo”

3.3.2021

LA RESISTENZA DEI “CODICI” MAFIOSI

 

A che punto la lotta contro la mafia? Alla domanda – che comprensibilmente ritorna  con puntualità– hanno dato una risposta (cfr. edizione del 9/2) anche due attenti intellettuali, Perconti e Visconti, con cui ci conosciamo da quando frequentavamo (da alunni essi, da giovane docente io) lo stesso liceo “Meli”. La loro tesi è esatta in ciò che afferma ma, a mio parere, incompleta per ciò che tace. E’ esatta quando sostiene che la mafia oggi non ha la stessa baldanza aggressiva con cui sino a trent’anni fa lastricava di cadaveri le strade della nostra isola. Non tenere conto di questo ridimensionamento della mafia come soggetto militare sarebbe scorretto analiticamente e scoraggiante psicologicamente. Inoltre – e questo è un altro aspetto dell’intervento che condivido – sarebbe anche un comodo alibi a disfunzioni, ritardi, opacità del tessuto politico e sociale siciliano che non vanno attribuiti a Cosa Nostra, ma al livello intellettuale e etico medio di noi elettori. 

Ma la mafia, oltre che soggetto militare, è anche un soggetto economico, politico e culturale. E’ in crisi anche in questi altri versanti? Spererei di sì, ma temo di no. Dal punto di vista economico gli osservatori più attenti registrano, proprio in questi mesi di pandemia, un sussulto di attivismo da parte dei mafiosi nel prestare a interessi usurai denaro agli imprenditori in difficoltà e persino nel distribuire aiuti alimentari alle famiglie più indigenti. Questa invadenza si somma a un controllo del territorio mediante richiesta di pizzo per ogni pur piccola attività artigianale o commerciale: aprire un nuovo negozio significa tuttora rassegnarsi a pagare oppure candidarsi al ruolo di eroi silenziosi e di potenziali martiri civili. Dal punto di vista politico-istituzionale mi pare che l’elenco degli esponenti delle amministrazioni locali, della magistratura, delle associazioni di categoria sotto processo per associazione di stampo mafioso e/o per concorso esterno e/o per favoreggiamento non solo non diminuisce, ma anzi cresce: al punto che, quando sono invitato fuori dall’isola a trattare di queste tematiche, preferisco evitare di dichiararmi militante antimafia (per le ragioni in parte illustrate dal mio amico Giacomo Di Girolamo nel suo Contro l’antimafia edito dal Saggiatore, un libro letto da Napoli in su più che in giù). Comunque, a mio sommesso avviso, è come soggetto culturale – capace di una sua costante azione ‘educativa’ – che la mafia prospera tuttora. Essa ha una propria visione-del-mondo: una concezione dell’uomo, un’etica, una religiosità, una pedagogia…Ancora troppi cittadini condividiamo e rispettiamo nella quotidianità questo codice culturale: da quando a scuola subiamo, per paura di ritorsioni, maestre che picchiano i bambini e insegnanti che non sanno insegnare a quando, negli ospedali o nelle banche, riteniamo ovvio che diventino primari o direttori di filiale i più spudorati e non i più preparati. Nella sua intervista-testamento a Marcelle Padovani il nostro Giovanni Falcone riportava, condividendola, la risposta di Frank Coppola alla domanda cosa fosse la mafia: “Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia”. Questo non significava e non significa che tutte le persone che fanno carriera nelle università o negli uffici pubblici siano cretine sponsorizzate dalla mafia, ma che quando la mafia sponsorizza predilige i soggetti più cretini. Questo non avviene più da quando sono finiti (per fortuna) i delitti eccellenti?

Anche la mia amica Simona Mafai, sino agli ultimi giorni di vita, ripeteva: i mali della Sicilia non sono solo la mafia. E’ vero ed è bene chiamarli ognuno col proprio nome, combatterli uno per uno, a qualsiasi costo, esponendosi in prima persona. Ma impegnarsi in questo non deve significare dimenticare che la mafia – soggetto criminale, economico, politico e pedagogico – c’è. E quando non mette bombe, potrebbe vigoreggiare anche più di quando è costretta a fronteggiare esponenti determinati della Repubblica democratica.

 

Augusto Cavadi  

www.augustocavadi.com

3 commenti:

Simonetta Attinelli ha detto...

È così!

Antonella Palazzotto ha detto...

Concordo prof.!!!

Unknown ha detto...

Puntuale riflessione Augusto, grazie