mercoledì 7 settembre 2022

VACANZE FILOSOFICHE IN SILA: LA SINTESI DELLE INTRODUZIONI AI 10 SEMINARI

 

(La foto è di Salvo Porrovecchio)

Dopo il mio report sintetico, eccovi le introduzioni ai 10 seminari svoltisi in Calabria  nel corso della "Vacanza filosofica (per non...filosofi di professione!)"  dal 18 al 24 agosto 2022. Tutti i 36 partecipanti abbiamo concorso, con i nostri interventi meditati e misurati, alla splendida riuscita anche di questa edizione: perciò ci siamo ringraziati a vicenda.  

Con l'occasione, vorrei invitarvi a iscrivervi, mediante pochi click, agli aggiornamenti automatici provenienti dal mio blog (www.augustocavadi.com), dal blog vacanze.filosofiche.it e dal blog www.filosofiaperlavita.it

Nei tre casi, cliccare "Segui via e-mail" e seguire le brevi istruzioni del sistema.

Sarebbe bello che, chi voglia, commentasse i 'post' man mano che vengono ospitati sui tre blog: è un luogo di confronto sereno più adatto di Facebook (almeno a mio avviso) perché leggono solo persone auto-selezionatesi.

***

Camigliatello Silano (Cosenza), 18-24 agosto 2022.

“ L’umanità: famiglia solidale o covo di lupi? "

 SINTESI DELLE 10 INTRODUZIONI AI SEMINARI

L’uomo è davvero un essere misterioso, pieno di contraddizioni: da una parte è del tutto evidente che nessuno può vivere da solo e che nessuno accetterebbe di vivere su un’isola deserta; dall’altra la storia attesta che i rapporti umani sono terribilmente conflittuali. Come singoli siamo spesso causa di sofferenza anche per le persone che ci sono più vicine, e come popoli siamo spesso in guerra, tanto che Hegel, per esempio, definiva la storia un immenso mattatoio. Su questa ambiguità tra ciò che spesso siamo e ciò che potremmo essere, abbiamo riflettuto nei nostri incontri.


***

Gli uomini, come ricordava Aristotele, non possono vivere da soli: la convivenza tra gli esseri umani, pur inevitabile, non è però affatto facile. L’esperienza attesta, infatti, che questi animali sociali nutrono nei confronti dei loro simili non solo sentimenti di simpatia, di benevolenza e di affetto ma anche di indifferenza, di ostilità e di aggressività che portano non di rado alla violenza e, addirittura, all’eliminazione dell’altro. In effetti, pare che si tratti di esseri contraddittori: da una parte le loro nobili aspirazioni, dall’altra i loro comportamenti, spesso ben lontani da quelle. Sugli autori che evidenziano tali comportamenti, non di rado tanto contrastanti con l’ideale di una pacifica convivenza, mi sono soffermato nelle mie relazioni, perché ritengo che la dimensione sociale, che culmina nell’ideale dell’amore del prossimo, per non restare pura utopia deve fare i conti con la dura realtà.

(Elio Rindone)


I passi di vari pensatori, riportati e commentati da Elio, descrivono bene la situazione della maggior parte dell'umanità nella sua storia anche contemporanea. Tuttavia ci sono state nel passato, e ci sono tutt'oggi, delle personalità evolute che – sviluppando in maniera esemplare le potenzialità della natura umana – hanno bilanciato il male e consentito il progresso. 

Anche le scienze neuro-psicologiche confermano queste risorse – per lo più nascoste – della nostra specie. Ascoltiamo, per bocca di Mario Mulé (psichiatra e psicoterapeuta), alcune indicazioni da questo versante della ricerca: la filosofia è , anche, una riflessione critica sulle acquisizioni delle scienze empiriche e dunque deve imparare con docilità a seguirne i travagli e le acquisizioni.

(Augusto Cavadi)


Le neuroscienze attestano che l’evoluzione non abbandona le conquiste realizzate nel corso di milioni di anni. E' un dato acquisito che il nostro cervello è uni-trino, possedendo funzioni e strutture rettiliane; dei mammiferi; quelle specificamente umane. Può succedere che noi agiamo esercitando una conoscenza ed un controllo sulle attività più “ primitive”, ma a volte ( piuttosto spesso ) sono le attività più primitive ed antiche a prendere il sopravvento. Perciò nella storia dell’umanità hanno potuto fiorire personalità eccezionalmente evolute ( Socrate, Buddha, Gesù etc.) ma anche personalità distruttive ( Fromm le chiamava necrofile) come Erode o Hitler.

Alcuni studiosi di neuroscienze affettive (di cui Panksepp è stato uno dei cultori) sono riusciti ad individuare le aree cerebrali funzionalmente collegate a paura, rabbia, attaccamento, esplorazione, gioco; ma è un elenco provvisorio…Essi ci spiegano come il nostro apprendimento ed il nostro comportamento siano profondamente influenzati da questi “ principi primi” ancora presenti ed attivi dentro di noi. E la clinica sembra fornire un supporto e una evidenza a queste osservazioni provenienti dal laboratorio di ricerca.

Dalle neuroscienze e dalle ricerche provenienti dall'area della psicologia ci arrivano tante altre buone notizie:

  1. dobbiamo guardare all'essere umano non come a una monade, essendo l'essere umano radicalmente relazionale: dobbiamo guardare non solo alla genetica ma anche all'epigenetica;

  2. il nostro sistema nervoso è plastico e può essere plasmato e consapevolmente indirizzato dall'esperienza e da pratiche specifiche (come la meditazione);

  3. l’evoluzione ha portato l'uomo a possedere un potenziale di condivisione e collaborazione (che gli evoluzionisti chiamano sistema motivazionale cooperativo) presente in modo più completo nell'uomo, mentre negli altri mammiferi è ancora poco sviluppato (cfr. M. Tomasello);

  4. esistono strutture nervose deputate a favorire modalità collaborative come ci viene indicato dalla teoria “polivagale” (cfr. S. W. Porges).

Tutte queste conoscenze ci dicono che è fondamentale aver consapevolezza dei nostri innati sistemi motivazionali e mettere in primo piano l'educazione emotiva nel contesto sia familiare sia educativo, coltivando soprattutto il sistema cooperativo. Perché ormai è in gioco, nell'attuale momento storico, addirittura la stessa sopravvivenza della nostra specie.

(Mario Mulé)


Dalle due relazioni del neuro-psichiatra abbiamo avuto conferma dell'importanza – in stretta correlazione con la genetica – dell'epigenetica (cioè del complesso di condizionamenti familiari,ambientali, scolastici, sociali...) ai fini della formazione della personalità di ciascuno di noi e, conseguentemente, delle relazioni inter-individuali che stabiliamo di epoca in epoca. Che cosa ci suggerisce, in proposito, la pedagogia, anche dal punto di vista delle strategie pratiche? 

(Augusto Cavadi)


La studiosa tedesca Katharina Rutschky, dopo aver passato in rassegna i libri di pedagogia in uso nel suo Paese tra Settecento e Ottocento, mette in evidenza la tendenza generale a raccomandare un'educazione repressiva, scoraggiante, umiliante. Questa “pedagogia nera” non può che creare maggioranze sottomesse a un capo dispotico o individui intolleranti verso qualsiasi forma di ordinamento, di regole. La teoria è stata confermata dagli studi in Svizzera di Alice Miller che ha esaminato, tra l'altro, le biografie di Hitler e di Stalin. In Italia è stato Paolo Perticari a suggerire altre esemplificazioni, come gli effetti di tale pedagogia sulla formazione dei giovani che aderiscono alle cosche mafiose. 

(Adriana Saieva)


Le spinte contraddittorie (da un lato la tendenza all’ egoismo, dall’altro alla cooperazione, nella consapevolezza che nessuno può salvarsi da solo) divengono ancora più evidenti nell’ambito dei rapporti tra le nazioni. Oggi più che mai: con l’escalation militare in Ucraina, con le tensioni tra l’Occidente e la Russia, il mondo rischia di essere coinvolto in un nuovo conflitto di proporzioni planetarie dalle conseguenze imprevedibili. Per tali motivi la riflessione sulla possibilità di una convivenza pacifica tra le nazioni non può essere lasciato solo nelle mani delle diplomazie: sarebbe anzi opportuno che coinvolgesse l’opinione pubblica delle varie nazioni del mondo. In questa riflessione finora i mezzi d’informazione, la cultura e la politica ufficiale, non hanno aiutato molto: il discorso pubblico appare caratterizzato da un ipocrita e insopportabile manicheismo . La filosofia, al contrario, può aiutare ad elevarne il tono: da qui la scelta di riproporre La pace perpetua (1795) di I. Kant e  Il diritto dei popoli  (1999) di J. Rawls.

Sia Kant che Ralws cercano di dimostrare come gli ideali filosofici della pace e di un universale diritto dei popoli - che eviti per quanto possibile la guerra - siano delle utopie realistiche, per le quali vale la pena lavorare. Per Kant:  una (con)-federazione di Stati repubblicani che rispetti il diritto cosmopolitico è la sola possibilità che l’umanità ha di intraprendere il cammino verso la pace perpetua. Per Rawls, sulla scia del filosofo tedesco, le società liberali e “decenti” sono in grado di scegliere, in modo ragionevole, i principi di giustizia internazionale che in prospettiva tutti i popoli potrebbero accettare. La conclusione è drammatica : Se una società dei popoli ragionevolmente giusta i cui membri subordinano il potere di cui dispongono al raggiungimento di scopi ragionevoli non si dimostrasse possibile, e gli esseri umani si rivelassero per lo più amorali, se non incurabilmente cinici ed egoisti, saremmo forse costretti a chiederci, con Kant , che valore mai abbia per gli esseri umani vivere su questa terra”.

(Giacomo Vaiarelli)

1 commento:

armando caccamo ha detto...

Grazie ad Augusto Cavadi per questa sintesi e grazie ai conduttori dei seminari che hanno permesso di trattare temi spinosi e controversi. Io che cerco di condurre. ormai da tanti anni, una vita "segnata" dalla "filosofia in pratica" ma che non ho partecipato a nessuna "vacanza filosofica" approfitto per porre una domanda: Quanto l'Uomo "culturale" è riuscito a correggere la natura dell'Uomo nei millenni in cui la cultura accompagna il processo evolutivo umano e quanto ancora deve aspettare per raggiungere i traguardi così bene espressi e discussi nei vari seminari. Chi scrive pensa che il Bene e il Male (o ciò che l'uomo culturale va definendo come tali) non siano scindibili e che l'uno e l'altro siano strutturali alla Natura, e quindi alla natura umana. Qualsiasi traguardo si riuscirà a raggiungere in tema di cooperazione, di pace individuale o collettiva etc... avrà sempre bisogno di una istituzione che fa le regole e poi deve farle rispettare con le buone o con le cattive. Non c'è e non ci sarà mai Istituzione che, fatte le regole, le più giuste possibili, non avrà una organizzazione "poliziesca" o "militare" per farle rispettare. Potrà usarle ora più ora meno ma dovrà averle. Questo esige la convivenza degli opposti male e bene, di cui nessuno può essere eliminato. Grazie
Armando Caccamo