Qui il commento (richiestomi da "Adista" per la rubrica "Fuori tempio") al brano del vangelo (Mt 3,1-12) della II Domenica di avvento:
Il profeta deve sforzarsi di parlare a
tutti, ma anche guardarsi dalla tentazione di accettare il consenso
indiscriminato dei suoi interlocutori. Questo almeno sembra insegnare la
vicenda di Giovanni Battista. Secondo il brano matteano di oggi, egli predicava nel deserto della Giudea dicendo:
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» e da «Gerusalemme, tutta la
Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano
battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati».
Se fosse stato come molti politici odierni
(ma forse di sempre!) si sarebbe rallegrato di tanto consenso, senza andare
troppo per il sottile. Ma, poiché intendeva servire la Causa e non servirsene a proprio vantaggio, cerca di capire se tutti quelli che lo applaudono siano
sinceri, in buona fede: se davvero intendano cambiare mente (metanoia)
per cambiare vita. A torto o a ragione, suppone che “molti farisei e sadducei”
accorressero per motivi equivoci: per abbellire la propria immagine pubblica; o
per lavarsi la coscienza a poco prezzo; o per confermare a sé stessi e alla
società di essere dei figli prediletti di Abramo. E, di conseguenza, esplode:
un po’ d’acqua sul capo, anzi neanche una doccia completa, avranno efficacia nulla se non accompagnate e
seguite da buoni frutti!
Per chi è nato e vissuto in tradizioni
religiose dove predomina largamente il battesimo dei neonati può riuscire per
molti versi difficile sintonizzarsi con la vivace preoccupazione del Battista
(e forse potrà sembrare meno difficile man mano che la secolarizzazione
diminuirà fortemente la pratica del pedo-battesimo e anche nelle chiese
cattoliche saranno più numerosi i battezzati in età adulta per scelta personale
consapevole). Ma, per altri versi, la situazione non mi pare molto differente
dalle assemblee liturgiche delle varie chiese cristiane, sia storiche che di
recente costituzione.
Chi convoca e presiede gli incontri
domenicali è insidiato dalla tentazione della statistica: “Questa domenica ho
un po’ più gente della scorsa settimana” o “Nella mia chiesa si raduna il
doppio dei fedeli che il parroco o il pastore o il predicatore del quartiere
vicino riesce ad attrarre”. Nella misura in cui cedesse a questa tentazione del
successo, del proselitismo, difficilmente rischierebbe di perdere ‘clienti’ per
fedeltà al vangelo. Difficilmente, a Napoli o a Palermo, chiederebbe ai
presenti quanti di loro sono vicini ai negozianti che, apertamente, si
rifiutano di pagare il pizzo ai mafiosi e per solidarietà non solo non li
isolano, ma anzi ne incrementano gli affari. O, a Varese o a Treviso, quanti
trattano gli operai che lavorano alle loro dipendenze – soprattutto se sono di
origine straniera - rispettando le leggi e ancor più l’equità (nei casi in cui
– come per ora la normativa sul “salario minimo” – il diritto vigente è ancora
inadeguato alla giustizia sostanziale). O,
a Sondrio o a Reggio Calabria, quanti, ancora, si preoccupano di testimoniare
ai figli e ai nipoti la necessità di riservare, nel vortice degli impegni
quotidiani, delle piccole pause di silenzio, di riflessione, di lettura. O, a
Genova o a Bari, quanti si preoccupano del “Bene comune” – della qualità della
vita della polis - sia informandosi sulle iniziative degli
amministratori sia partecipando a qualche incontro pubblico sia curando piccoli
e grandi gesti a difesa dell’ambiente…
Certo, così facendo, si rischierebbe di infastidire più di un ‘fedele’, inducendolo magari a cambiare assemblea domenicale. Ma, forse ingenuamente, suppongo che il numero degli auto-esodati sarebbe compensato da new entry, provenienti da ‘parrocchie’ dove si riesce nel miracolo di rendere inoffensiva la proposta sconvolgente di Gesù trasformandola in pappetta omogeneizzata digeribile anche dagli stomaci più delicati.
Augusto Cavadi
"Adista-Notizie", n. 39 dell'8.11.2025
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