lunedì 19 marzo 2018

Movimento 5 stelle e rischi del post-ideologico




“Repubblica – Palermo”
10.3.2018

I CINQUE STELLE E IL RISCHIO POST IDEOLOGICO

    La storia anche recentissima (vedi parabola da asteroide di Crocetta e Megafono) dimostra ad abundantiam che, anche e soprattutto in Sicilia, vincere le elezioni è difficile, ma molto più difficile saper gestire la vittoria senza disperderne il patrimonio morale e direi psicologico.
   Il Movimento Cinque Stelle non può farsi illusioni: ha raccolto una valanga di voti per esclusione (quello no, quell’altro neppure, proviamo con questi): qualche passo falso gli sarà ancora una volta perdonato dal suo elettorato, ma non se saranno brevi interruzioni di un lungo, noioso, immobilismo. Il voto emotivo è, per natura sua, volatile: facile ad arrivare, ancor più facile a decollare verso altri lidi (astensionismo incluso),
   Innanzitutto, dunque, il Movimento dovrà corazzarsi nei confronti delle silenziose, ma tenaci, infiltrazioni clientelari e specificamente mafiose: Cosa nostra non ha preferenze ideologiche, ma avverte prontamente l’odore dei potere. Essa è specialista nell’arte che Ennio Flaiano attribuiva agli italiani in generale: correre in aiuto del vincitore.
   Un secondo pericolo, a mio avviso ancor più grave perché intrinseco al DNA stesso di questa formazione politica, è di orientare la barra del timone ora a destra ora a sinistra ora a centro secondo gli umori della rete telematica (o, meglio, di quegli utenti di internet che, non avendo molto da fare né per studio né per lavoro, sono devoti contemplatori dello schermo del computer e attivissimi manovratori del mouse).  Questa strategia, eccellente per pescare voti da ogni angolo della piazza elettorale, è altrettanto efficace per perderli nella tornata successiva. In proposito sarà decisivo, a mio avviso (e soprattutto a mia speranza), il ruolo di molti “esterni” eletti in Parlamento e che, dalla mattina del 5 marzo, non potranno che considerarsi “interni” al Movimento. Molti di loro hanno avuto il voto proprio per le competenze professionali dimostrate in lunghi anni di militanza nel campo della sanità pubblica o della finanza etica o dell’imprenditoria pulita: dovranno tradurre questa esperienza pregressa in altrettanta competenza politico-amministrativa. Sono diventati nella società civile ciò che sono perché hanno letto, studiato, riflettuto, operato: dovranno non solo continuare con questo livello di impegno, ma pretenderlo – o per lo meno stimolarlo – nei compagni di cordata. Su questo punto cruciale si profila un nodo micidiale: l’equivoco del movimento – per riprendere Di Maio – “post-ideologico”. Significa che alcune contrapposizioni del XX secolo, per esempio fra dittatura del partito fascista e dittatura del partito comunista, sono ormai superate dalla condivisione della Carta costituzionale (tranne che in frange rumorose di ignorantelli complessati di ogni colore)? Significa che molte questioni legislative devono essere affrontare prima di tutto con buon senso e poi filtrate alla luce di sacri principi universali? In questo senso ben venga la post-ideologia. Ma se significa ignorare che le vecchie contrapposizioni sono state sostituite da nuove visioni-della-società (per esempio la concezione di una società chiusa, identitaria, militarizzata, fortemente diseguale al proprio interno e concorrenziale all’esterno, da una parte; e il progetto di una società aperta, solidale al proprio interno e proiettata alla promozione del bene comune dell’umanità in politica estera, dalla parte opposta), e che queste idee-di-umanità e di civiltà condizionano alla radice molte opzioni che sembrano puramente tecniche e burocratiche, allora lo slogan della “post-ideologia” diventa confessione o di cecità o di cattiva fede.  Lo abbiamo ascoltato e ripetuto infinite volte: la crisi delle ideologie libera le società occidentali da dogmatismi intollerabili che hanno portato ai disastri del XX secolo, ma non può diventare deserto di ideali e di idee. Altrimenti la politica scade a improvvisazione dilettantesca e rischia di far rimpiangere i vecchi volponi che sapevano sin troppo bene dove eravamo e soprattutto dove volevano portarci.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
  


3 commenti:

Maria D'Asaro ha detto...

Concordo pienamente con le tue riflessioni. Grazie.

armando caccamo ha detto...

Secondo me, caro Augusto, speri troppo nella possibilità(e anche capacità) degli "esterni" eletti in Parlamento di poter decidere alcunché. Finora niente c'è stato di più verticistico del M5S!!
Su tutto il resto delle tue considerazioni non puoi che considerarmi d'accordo, anzi più che d'accordo.

luce ha detto...

Interessante la post-ideologia intesa come liberazione dalle ideologie da non concepirsi, però, come approdo a "un deserto di ideali e di idee". Fortemente condivisibile la possibilità di dar forma ai due nuclei di pensiero che portano alla distinzione fra "società aperte" - "società chiuse" e alle contrapposte "vision" dell'umanità che vorremmo. Ma, pur aspirando per DNA alla concezione delle "società aperte", rimane arduo combattere la corruzione sistemica e i poteri forti capaci di trasformare le menzogne in stupide storie da raccontare a chi, credulone o spaventato, va ad ingrandire la massa del "popolo volgo". Capita, così, che un prete (di costumi non sempre cristallini) inviti S. Latouche a parlare di decrescita e a far sognare un mondo migliore, pulito e senza oppressi e oppressori. Se quel prete proprio non riesci a collocarlo nel bel sogno economico, politico e sociale di Latouche. Che fare? Ci sarà un modo per far si che la politica (l'arte del vivere bene insieme) la facciano le donne e gli uomini giusti in un continuo dialogo di tutti con tutti?